Tremate tremate le L7 son tornate. Vent’anni dopo quella pausa di inizio millennio diventata poi scioglimento vero e proprio, le madrine del grunge e del movimento riot grrrl imbracciano gli strumenti decise a lasciare il segno in un mondo della musica che di loro non si è mai veramente dimenticato. Reunion in formazione originale (Donita Sparks, Suzi Gardner, Jennifer Finch, Dee Plakas) propiziata da un onesto documentario (“Pretend We’re Dead”) uscito nel 2017, che completava il discorso iniziato con “L7: The Beauty Process” girato da Krist Novoselic nel 1998.

La coppia di singoli tutto pepe pubblicata negli anni scorsi (“Dispatch From Mar-A-Lago” e “I Came Back To Bitch”) aveva dimostrato che la rabbiosa scintilla che animava le L7 non si era spenta, spianando la strada a “Scatter The Rats” che esce per la Blackheart (etichetta di Joan Jett). La produzione affidata a Norm Block e Nick Launay è fresca, tagliente, un aggiornamento del sound sporco e vibrante delle L7 di “Smell the Magic” o “Bricks Are Heavy” che aveva i piedi ben piantati nell’hardcore, nel metal e nel punk e che riemerge prepotente in “Fighting The Crave”, “Scatter The Rats” e “Proto Prototype”.

Le tante fonti di ispirazione delle L7 sono in bella mostra in questo settimo disco, impreziosito dal piglio blues elettrico sfoggiato in “Murky Water Cafe”e da una grintosa ballata (“Holding Pattern”) figlia dei semi piantati con “Cool Out” tempo fa. Il rock duro e puro di “Garbage Truck” e “Cool About Easy” e quello ben più melodico di “Uppin’ The Ice” e “Ouija Board Lies” completano il quadro anticipato dai singoli “Burn Baby” e “Stadium West”.

Dee Plakas alla batteria tiene fede al soprannome “The Goddess of Thunder” che porta fin dal lontano 1988 e forma con il basso di Jennifer Finch una sezione ritmica di grande spessore; la voce di Donita Sparks è ruvida e carica di una rabbia lucida, sfogata solo parzialmente nell’incrocio pericoloso tra la sua chitarra e quella di Suzi Gardner. Nessuna delle undici tracce ha il tono veemente di “Dispatch From Mar-A-Lago” o “I Came Back To Bitch” ed è un vero peccato ma dopo vent’anni fa piacere sentire che i riff di queste cattive ragazze non hanno perso smalto e potenza.

Le L7 del 2019 non hanno bisogno di reagire lanciando tamponi usati dopo essere state bersagliate da palle di fango come al Reading Festival, di promuovere dischi facendo volare aerei con spiritosi striscioni attaccati (è successo nel 1999). Sono quattro donne che fanno ROCK con convinzione, tecnica, passione e in trentasei minuti confermano di potersela tranquillamente giocare con le nuove generazioni che a loro devono sicuramente qualcosa.

Credit Foto: Marina Chavez