Diciamo le cose come stanno: uscire dal proprio seminato sonoro, non è una cosa da tutti. Magari in tanti ci provano, anche facendo qualcosa di buono. Poi succede che ti chiami Radiohead, Damon Albarn o nomi del genere, e ci scappa anche qualcosa di fenomenale, perchè di fenomeni si parla. Se invece ti chiami The Get Up Kids sei bravo, parecchio bravo, la storia parla per te. Ma è bene non esagerare.
Ecco quindi che l’ultimo lavoro sulla lunga distanza, quel “These are Rules” del 2011 e le sue divagazioni elettroniche, diventa una fetecchia insopportabile per i più. Ma i TGUK, che oltre ad avere talento sono pure intelligenti, l’errore l’avevano capito, e già l’EP “Kicker” uscito lo scorso anno aveva fatto sufficiente chiarezza: torniamo a fare quello che ci riesce, che è meglio. E che ci riesce pure parecchio bene.
In “Problems” Matt Pryor e sodali, che non sono più i ragazzi di oltre 20 anni fa come è ovvio che sia, ritornano però a fare quello per cui centinaia di migliaia di persone li hanno amati e continuano ad amarli, e quello a cui decine e decine di band nel tempo si sono ispirate.
E allora via a chitarre elettriche, semplici quanto magnetiche, al picchiare veloce e giusto su cassa e rullante e brillante sui piatti, a melodie a presa diretta condite da ritornelli altrettanto facili da non dimenticare, a momenti adrenalinici e coinvolgenti (l’uno-due in apertura “Satellite”-“The Problem Is Me”, ad esempio, o ancora “Lou Barlow” e “Fairweather Friends”) che fanno il paio con altri, magari arricchiti dal piano, dov’è il lato più intenso e profondo a farla da padrona (“Salina”, “Common Ground”, l’irresistibile “Symphony Of Silence” o la delicata chiusura affidata a “Your Ghost is Gone”).
Perchè questo volevamo, e questo i The Get Up Kids ci danno: e a conti fatti, siamo tutti soddisfatti.