Il Mi Ami è un tessuto, un intreccio di storie, di incontri, artisti con background musicali completamente diversi e indipendenti. Il festival, che si svolge come ogni anno all’Idroscalo di Milano, è un meta-luogo in cui è possibile interpretare e provare a tirare le somme della scena musicale italiana contemporanea.
La fotografia del contemporaneo è difficile da scattare in modo fedele, e come in ogni istantanea la scelta dell’angolazione è assolutamente relativa e personale: tra tanta varietà le risposte che cerchiamo da un festival così sono indeterminate, perchè la rappresentazione di una vera e propria scena diventa una sfida colossale.
In questa tre giorni sintetizzeremo le singole giornate attraverso un percorso composto dall’analisi, breve, dei set più interessanti visti durante la serata.
Ogni sera proveremo a tracciare una storia fatta di set e live, di scelte inconsuete e di percorsi intriganti.
1. IL BALLO DELLE DEBUTTANTI – FULMINACCI
Le acque del Tevere bagnano, anzi battezzano Fulminacci, rendendolo portatore di una tradizione cantautoriale unica, che vanta, esempi come Silvestri o Gazzè. Fulminacci ha un set pulito e ordinato, ma non si limita a fare il compitino visto che la sua dote empatica, tanto funzionale e presente nelle sue canzoni, esce perfettamente allo scoperto nel live. Nei suoi brani storia e storicismo riescono a coniugarsi al contemporaneo e a cucire un vestito a delle storie e a delle parole non banali.
2. LA LEVA CHITARRISTICA DELL ’86 – GIORGIO POI
Un fenomeno. Il live si accende di colori, di controtempi e di una costruzione grafica che si adatta perfettamente al poliedrico spirito di Giorgio Poi. Il nuovo disco si conferma come un lavoro più centrato su una prospettiva di live. I suoni, i passaggi, gli stacchi non sono mai lasciati al caso, tutto è texture di un set che esprime perfettamente la leva chitarristica di Poi, ma anche tanto altro. Giorgio Poi è l’enigma risolto di questa stagione.
Calcutta sul palco quotato a 1.01, ma è comunque una bella sorpresa.
3. IL FLUSSO INASPETTATO ““ BARTOLINI
Un EP uscito da pochi giorni ma una storia artistica che sul palco trova degli elementi originali di racconto, a partire dalle felpe color rosso del corriere espresso.
Un “Mac DeMarco de Noantri” che si è costruito una interessantissima cornice pop, anche grazie alla grandissima personalità sonora di musicisti come Alberto Paone. Le canzoni sono frecce che si scagliano infuocate e, anche se a due passi c’è l’Idroscalo, tutta l’acqua della zona non è stata necessaria per spegnere l’interazione con un pubblico che già lo conosce e l’apprezza in ogni gesto.
4. LO SPACE ROCK DI EMMA BONINO
Protagonista assoluta, anche se non musicalmente è Emma Bonino. Dopotutto se arriva, su un palco del genere, un personaggio così, il messaggio che si crea nello scambio di sguardi, parole, gesti e sensazioni diventa forte e a tratti straniante. Emma Bonino è la nostra Jeremy Corbin, qui però non abbiamo i Run The Jewels e non siamo a Glastonbury.
5. I RE ““ FASK
La loro storia è fatta di tanti, tantissimi palchi attraversati, anche qui al Mi Ami. Il tour è partito e la data zero è il momento per misurare l’impatto dei nuovi brani, provenienti da “Animali Notturni”. La risposta è stata ottima, non tanto per la qualità del lavoro fatto in studio dalla band di Perugia, ma per un ripensamento dello spazio del live che ha portato ad un vero salto di qualità . L’uso delle pause, dei “loading” tra un brano e l’altro, creano degli spazi in cui ogni parola e attesa, assumono un significato profondo e radicato nella storia stessa delle canzoni dei FASK. L’onda è più potente che mai, ma questa volta oltre ad una forza meramente sonora, c’è molto di più.
A metà tra il calar della notte e il levar del giorno, il “pensiero poetante”, che vi lascio in affitto, è stato scritto da Lisa Robertson e Matthew Stadler: “For us, revolution will be the difference that each of us brings into living, the difference that resists even the smoothing activities that can be a part of community formation”. Gli artisti menzionati hanno tutti, attraverso le loro sghembe particolarità , la capacità di rendere la quotidianità uno schema meno stabile e forse maggiormente attaccato ad una rivoluzione delle piccole cose.
La parola chiave di oggi è sicuramente rivoluzione, semplicemente perchè spero possa essere una parola-auspicio adatta ad un ripensamento del vivere quotidiano come una possibilità di cambiamento, e cosa se non un palco, un live, un festival possono portarci a cambiare le nostre coordinate della quotidianità ?
Brano della serata:
Napoleone ““ Giorgio Poi