di Enrico Sciarrone
Bisogna dare atto e riconoscere a Valor Kand una perseveranza e una caparbietà veramente ammirevole. Non so quanti avrebbero resistito o proseguito di fronte ad una tale massa di detrattori tra i fan, che non gli hanno mai perdonato di aver usucapito e fatto proprio, in maniera indebita, uno dei piu grandi gruppi-icona del genere gotico a livello mondiale. Questo approfittando inizialmente della fragilità emotiva e pschica del suo fondatore il geniale Rozz Williams e successivamente creando dissapori e dissidi all’interno dalla band verso coloro che potessero offuscare la sua figura (come la consorte vocalist Gitane Demone o Barry Galvin, futuro fondatore dei Mephisto Waltz).
Divenuto assoluto padrone, negli anni ’90, della creatura Christian Death, Valor, insieme alla nuova compagna nonchè bassista Maitri, ha cercato in qualche modo di disaffrancarsi dall’ingombrante eredità cercando di percorrere strade alternative, risultando quasi mai convincente o al limite del ridicolo, come in occasione del tragico sodalizio con i britannici black metal Cradle of Filth. Poichè al nostro non hai mai fatto difetto mestiere e furbizia ecco che, toccato il punto più basso dell’esperienza, ricorrendo poi ai patetici salti nel passato coi soliti espedienti delle celebrazioni trentennali, si è finalmente tornati recentemente a concentrarsi su una produzione originale che ha richiamato anche antiche sonorità originarie del progetto, piu’ consone al genere. E’ il caso del nuovo tour “Behind the Veil”, lanciato dal video di “Forgiven” (brano presente sull’album “The Root Of All Evilution”), che fa tappa al Summer Festival Student di Padova, prima delle 5 date del tour italiano dei Christian Death. Intendiamoci bene, quello a cui assistiamo non è nulla di clamoroso dal punto di vista sonoro, con la recente produzione non siamo certo ai livelli di “Catastrophe Ballet” (1984) o “Ashes” (1985), ma va dato atto che i nuovi brani sono piacevoli all’ascolto, hanno sonorità accattivanti (frutto finalmente di una produzione che non ammicca a ciò che è stato, ma cerca di spingere la band a muoversi su gambe autonome) e sono ben eseguiti da una band rodata, soprattutto nella parte ritmica, che vede il ritorno del bassista-tastierista Kota già attivo con la band a fine anni ’80.
Il concerto dura poco piu’ di un ora, probabilmente per esigenze legate a tempistiche già definite con l’organizzazione.
Vale la pena sottolineare la scelta del gruppo di non effettuare salti nell’ importante passato (solo “The Drowning”, “Luxury of Tears”, “Incendiary Lover” durante il concerto, ma nessun bis d’annata), ma di concentrarsi essenzialmente sulla recente produzione, proprio a voler ribadire la volontà di offrire una proposta comunque nuova, valida e originale e di aver ancora qualcosa da dire, evitando di divenire, definitivamente, una triste parodia di sè stessi. Da questo punto di vista vanno comunque elogiati.