I These New Puritans dei gemelli Barnett rappresentano una di quelle depistanti, geniali e sempre più rare anomalie nella scena (art)rock internazionale.
All’interno della loro musica c’è qualcosa di fortemente contemporaneo, diremmo quasi “urban”, eppure dall’altra parte troviamo la massiccia presenza di un elemento ancestrale, fuori dal tempo, fuori dalle mode, epicamente avanguardistico, un afflato orchestrale, “atmosferico” e diremmo post-, che alla fine prende sempre il sopravvento. In un’intervista avvenuta all’epoca della pubblicazione del secondo album della band, Jack Barnett disse che immaginava la sua musica di allora come una sorta di “dancehall meets Steve Reich”
L’ultima opera “Inside The Rose” rappresenta il vertice di una ricerca iniziata più o meno dopo la metà degli anni 2000 (il primo EP uscì nel 2006 mentre l’ottimo “Beat Pyramid” uscì nel 2008), ma che non ci saremmo aspettati potesse giungere sino a questi sontuosi risultati. O forse sì: nelle produzioni dell’allora quartetto c’era già qualcosa di troppo alieno e particolare, qualcosa che adesso è esploso in tutta la sua bellezza e potenza.
“Inside The Rose” galleggia sinuoso in cerca di brada carnalità così come di severa spiritualità , intercettando lame di luce siderale ed esplorando liquide tenebre del subconscio: una visione di sogno tra le trame coriacee di una realtà avversa.
Di seguito, le risposte alla nostra intervista da parte del gemello Jack:
Facciamo un passo indietro nel tempo. All’inizio della vostra carriera siete stati frettolosamente inseriti nel calderone nu-rave da certa stampa specializzata. Come avete vissuto queste definizioni un po’ forzate?
Siamo stati descritti come punk, post-punk, goth, nu-rave, nu-grave (qualsiasi cosa voglia dire!), post-grime, post-rock: hanno provato a categorizzarci e hanno fallito! Ne sono fiero, ci siamo fatti strada e siamo riemersi con diamanti tra le mani.
è evidente che la vostra musica era ed è molto più complessa rispetto a certe categorizzazioni, soprattutto oggi, in particolare con le evoluzioni degli ultimi due album. In che maniera dosate una ricerca razionale e il puro istinto creativo?
Si tratta soprattutto di istinto. Trovo che qualsiasi cosa degna di interesse sia guidata dall’istinto e dal sogno. I migliori momenti creativi sono sempre quelli prossimi al sogno. Quando eravamo dei teenager e abbiamo pubblicato il nostro primo album, ci è venuto istintivo ripudiare ciò che ci circondava e tracciare il nostro solco. Non so perchè, semplicemente l’abbiamo fatto. Credo che, venendo da una piccola cittadina, volessimo cambiare il nostro mondo.
Saltavamo fuori alle discoteche indie suonando musiche ispirate a William Byrd e J Dilla, rovinando a tutti la serata! Una volta ci hanno pagato per smettere di fare i DJ perchè quello che suonavamo non era calzante con i generi che il club aveva impostato, ma quelle esperienze ci hanno rafforzato. è come una specie di medaglia d’onore. Ci fece molto ridere.
Ho trovato il vostro ultimo album più umano e sensuale rispetto ai vostri lavori precedenti. Al contempo il più romantico. Vi ritrovate in questa visione?
Sì, umano, sensuale: sono parole che ci stanno bene. Mi piace la musica che sia “umana”, ma allo stesso tempo anche tagliente. Deve tagliarti un po’, non può essere troppo confortevole.
Le vostre composizioni a volte presentano quest’aura esoterica e misterica, accanto all’introspettività . Ma in maniera mai triviale e banalmente “gotica”. Da cosa deriva? Avete dei riferimenti letterari o artistici che vi influenzano?
Sono sempre interessato agli aspetti nascosti della vita (D’altronde “Hidden” era anche il titolo del loro secondo album, nda). Voglio trovare ciò che è nascosto e viverlo appieno. Ho la sensazione costante che dietro la patina della razionalità , ci sia tanto delirio e smarrimento e sogno. E mi piace trovare la bellezza in posti inusuali: per me c’è spesso più bellezza in un cantiere che in un quadro in una galleria d’arte.
Come è stato dare vita a quest’album come due fratelli rispetto a quanto accaduto con le precedenti configurazioni della band con gli altri membri?
Per certi versi è dura perchè tutte le barriere sono state rimosse, non ci sono più carinerie, non che ce ne siano mai state così tante nel passato. Tom (Hein, nda), che ha lasciato la band prima di questo album, era sempre il mediatore tra i due estremi rappresentati da me e George. Siamo fratelli, quindi puoi avere il quadro completo della storia tutto insieme. Ciò rappresenta un punto di forza ma può creare anche delle difficoltà . Molte volte è capitato che mi sono stati tirati i piatti della batteria addosso. Suppongo che quando cresci un po’, hai sogni e ambizioni differenti e alla fine tutto comunque deve riconciliarsi in onore di questo progetto qui. Ma è anche un gran privilegio, lavorare insieme su questa roba. è sicuramente meglio che stare in miniera.
A cosa dobbiamo l’estetica “carnale” dell’album?
Volevo scrivere canzoni sul sesso che fossero reali, e non le strane, plasticose, banali versioni del sesso che spesso troviamo nelle canzoni pop.
Sembra anche che ci sia una certa fascinazione per l’elemento liquido, o liquefatto. Da cosa deriva?
Non ne ho idea!
Come pensate di organizzarvi per i live? Cosa porterete sul palco nei concerti in Italia?
Abbiamo vibrafoni, strumenti di metallo, un sacco di elettronica, un sacco di percussioni, un mix di musica dai nostri tre ultimi album: brutalità accanto a una specie di bellezza.
Che significa “Inside the Rose”?
Puoi accostarci il significato ovvio, ma anche un’idea secondo la quale puoi permettere che una piccola cosa, un piccolo momento, ti travolga e cambi il tuo mondo.
Il designer Luca Morello, col patrocinio del nostro magazine, ha realizzato i poster del mini-tour italiano della band.
Sono poster gemelli che rappresentano il dualismo tra corpo e spirito, o se vogliamo tra le due anime dei TNP, una visione complessiva insieme distorta e armonica, tagliente e sinuosa.
Credit Foto: Harley Weir