Il “Sindacato dei Sogni” è un disco che porta con sè una serie di simbologie, racconti, segni sonori e idee importanti, tutte riconducibili al bagaglio eterogeneo e globale di un gruppo, che con una continuità spaventosa, ha scritto pagine importanti della musica alternativa italiana.
Villa Ada è un luogo in cui tutto questo è destinato a rivelarsi, anche senza eccessivi eccessi eccedenti. L’intelligenza è nel non appesantire o mettere troppa carne al fuoco, infatti i Tre Allegri Ragazzi Morti disegnano un live bilanciato e messo a fuoco su un’essenzialità leggera.
La leggiadria di una band, che ha un peso specifico altissimo, non è un elemento scontato, ma sul palco c’è il tocco dell’esperienza che gioca in live con sbavature, successi storici e “nuovi pezzi”.
Portare in tour un nuovo, impegnativo, album è un meccanismo complesso di equilibri, che necessita senz’altro delle incursioni, immersioni nel passato e in una serie di stili diversi, che spesso si integrano in un’esplosione di linguaggi e sonorità diverse.
Come in ogni Big Crunch (altro lato della medaglia del Big Bang) che si rispetti, c’è però un ritorno alle origini, un assaggio di quel calore, di quello scoppio primordiale, cosmico e inspiegabile. Zero nostalgie, anzi c’è la spinta, l’accelerazione universale, che ci fa capire cosa sono e saranno i TARM.
I Tre Allegri Ragazzi Morti sono, comunque, un momento di catarsi: pietra angolare e di paragone con cui tutto il rock italiano deve confrontarsi, perlomeno in termini di consapevolezza e coerenza.
Il live è un tetris costruito su momenti alterni di nuove e vecchie sonorità .
Il pubblico è perfettamente tratteggiato in un ideale, in una serie di brani-rito come “Il Principe in Bicicletta”, “Il Mondo Prima” o in tutti i gesti canonici che Davide Toffolo compie durante lo spettacolo.
I TARM sono una band fidelizzante: si attaccano alla struttura dei pensieri e riescono a ribaltare la quotidiana routine della modernità .
Il loro è un realismo magico, che ci tuffa in un regno di rock, cautamente, psichedelico, in cui le storie raccontate sono alchemiche.
Nel loro storytelling c’è lo sviluppo dell'”alchimia della porta accanto”, ovvero quella di un elemento arcaico che riesce a comunicarsi con la necessaria intimità da farci sentire sempre, perennemente a casa.
Parlare dei TARM è come raccontare delle vecchie scappatelle amorose: tutto torna a galla con piacere e imperniato di un simbolismo che lacera il cuore.
La parola chiave della band rimane sempre la stessa: “Contaminazione”. Ennio Flaiano nel suo “Diario degli Errori” ha associato questa descrizione alla parola: “Sguatteri che lavano il vasellame nel tempio dei Budda in fila“, nel live dei TARM rivedo la sacralità e l’ironia del conoscere, stimolare, osservare e maledire, l’essere umano che ama contaminarsi e rimettersi, nonostante il tempo che passa, comunque in gioco.
“L’incredibile spettacolo della vida, l’incredibile spettacolo della muerte”.