Tornano le Bleached delle sorelle Clavin con un nuovo album che, possiamo dirlo subito, suona come una specie di greatest hits, brani immediati, orecchiabili, che ti si appiccicano addosso e non ti mollano.
Qualcuno potrebbe interpretare un’affermazione del genere come una nota di demerito, come se ci fosse un sentore di banalità latente, ma non è così la loro capacità di creare brani immediati e piacevoli rappresenta una dote non comune e per questo da apprezzare.
Per intenderci un brano come “Hard To Kill” è una potenziale hit, basterebbe un minimo di rotazione radiofonica o di una pubblicità per renderlo famosissimo e far fischiettare tutti , ma non per questo perde il suo fascino retro anni 80, come evidenziato anche nell’ottimo e coloratissimo video con il quale ci è stato presentato.
Tutto l’album si presenta con un sound pulito e ricercato nel quale le Bleached mostrano tutta la loro attitudine naturale, già riconoscibile nei precedenti lavori, a comporre brani con la capacità , oggi rara, di catturarti in modo rapido, quasi fossero già conosciuti e quindi riconoscibili, finendo con il pescare nel punk rock ma con piacevoli spruzzate di new wave .
Le sorelle Clavin vengono da un certo periodo difficile, tra alcol, eccessi e le varie sbornie anche metaforiche che sembrano essere una specie di tassa da rockstar, ma come pronuncia il titolo del loro nuovo album “Don’t You Think You’ve Had Enough?”, ora sembrano ricercare una via diversa alla loro creatività , una via che prevede una scelta consapevole di rinuncia agli eccessi.
La stessa Jennifer Clavin ha dichiarato in alcune interviste che questo è il primo album della band scritto da sobrie, e in effetti anche nei testi il tema viene più volte affrontato, quasi si volesse tracciare una linea sul loro recente passato ricercando una via d’uscita e un modo diverso di vivere la propria vita e le proprie relazioni.
A leggere bene, in realtà più che una scelta definitiva si insinua il dubbio che il tutto suoni più come una lettera di intenti, una volontà tutta da dimostrare, un risultato da conquistare.
In tutti i brani si sente l’impronta del produttore Shane Stoneback, che vanta collaborazioni in qualità di ingegnere del suono con star del calibro di Vampire Weekend , Britney Spears (eh già ), M.I.A e molti altri, e che riesce a sviluppare un sound pulito che libera la band dalla ruvidezza delle urgenze garage rock o post punk.
Oltrechè da “Hard To Kill” l’album è stato anticipato da “Shitty Ballet”, brano in gran parte accompagnato da una chitarra dimenticata in qualche angolo da tanto tempo e con un finale esplosivo, gran pezzo, “Kiss You Goodbye” con chitarra funky, divertente ma quello che meno mi piace dell’album, “Rebound City” che come ci dice Jennifer Clavin è una storia degli errori fatti e di come si siano trasformati in lezioni di vita, un pop rock interessante e coinvolgente.
In realtà l’album è un continuo susseguirsi di brani riusciti che a volte sembrano innescare ricordi passati e sempre piacevoli.
Il brano di apertura ” Heartbeat Away”, con batteria e chitarra è quello che ci fa subito capire il tenore dell’album e il modo con cui affrontarlo, lasciarsi andare al piacere della melodia, apprezzando l’abilità nella costruzione del pezzo, e gustarselo senza farsi troppi problemi o domande.
Questo succede anche con “I Get What I Need” che inizia con ricordando un pezzo dei primi Cure per poi prendere tutt’altra strada, o “Somebody Dial 911”, brano delizioso che scorre via in modo brillante ed anche con “Valley to LA”, altra potenziale hit, una interessante conferma ad una visione che fonde un sound da band new wave a una chitarra e uno stile alla Tom Petty .
Le Bleached sono tornate con l’album della loro vita, piacevolmente ruffiano e perfetto, e che non lascia indifferenti, l’album dell’estate, una bella ventata di aria fresca, un album riuscito e ambizioso ma capace allo stesso tempo di divertire ed entusiasmare.