Tredici anni dopo “Stella” tornano gli Uzeda: siciliani doc dall’anima migrante, una sana allergia ai compromessi e la passione per il rock ruvido e rumoroso che non si è mai spenta nonostante i sacrifici per portare avanti un progetto nato nel 1987 siano stati e siano tuttora immensi. E’ questo il principale motivo del ridotto numero di album in studio del quartetto che però ha sempre continuato a suonare dal vivo, la dimensione che più gli si addice.

“Quocumque Jeceris Stabit” prende in prestito il grintoso motto dell’Isola di Man. Otto brani registrati dall’amico Steve Albini (che con loro collabora dal 1994) ai Sotto Il Mare Recording Studios di Povegliano durante la master class dello scorso gennaio. Un album catturato in presa diretta, sotto gli occhi attenti dei tanti ragazzi arrivati per vedere all’opera l’ingegnere del suono che non ama essere definito produttore in un’atmosfera di grande cordialità  e rispetto.

Non si sono certo risparmiati gli Uzeda. “Soap” gira attorno al basso di Raffaele Gulisano e alla batteria di Davide Oliveri che sostengono e accompagnano la voce imponente di Giovanna Cacciola, mai come ora quarto strumento ritmico del gruppo. Una voce che in “Deep Blue Sea” si spezza tra sussurri e grida lottando quasi con la chitarra tagliente di Agostino Tilotta.

La rabbia dei catanesi si sfoga in “Speaker’s Corner” e “Nothing But The Stars” acide invettive in cui canto e musica si fondono in un suono compatto, mai così diretto. Viscerali “Mistakes” (altra maiuscola performance della Cacciola) e “Red” minimale nell’arrangiamento ma non certo nelle sensazioni che suscita.

“Blind” è un furioso blues elettrico, fuoco nelle vene e tra le corde tese della chitarra di Tilotta. “The Preacher’s Tale” si scaglia con veemenza contro falsi predicatori, bugiardi di ogni specie e ricorda “Big Lies” di “Different Section Wires” con un finale in crescendo.

Steve Albini
ripete spesso che se ci vuole più di una settimana per fare un disco qualcuno sta sbagliando qualcosa. Lui e gli Uzeda ci hanno messo quattro giorni e buona la prima. Senza fronzoli, senza finzioni. Rock onesto, trascinante, meno spigoloso che in passato ma sempre di grande impatto emotivo come il rock deve essere.

Non mollano gli Uzeda e hanno già  un altro progetto da realizzare: un album dal vivo che renda giustizia alla loro tenacia e a quel bambino che abita nel loro cuore siculo che si rifiutano categoricamente di uccidere.

Credit foto: Davide Patania