I dischi dei Field Mouse sono diventati da qualche anno a questa parte una piacevole consuetudine estiva. Non è rimasto molto di quella vivace scena indie di Brooklyn di cui facevano parte, una scena che sembrava dover raccogliere l’eredità dei vari The Strokes, Yeah Yeah Yeahs e delle numerose band newyorkesi che furoreggiavano ad inizio millennio. L’attenzione non è più la stessa in America se sul palco suoni la chitarra, c’è poco da fare.
Una realtà con cui anche i Field Mouse hanno dovuto fare i conti. Nonostante un esordio di gran livello (“Hold Still Life” del 2014) un bel secondo album (“Episodic” uscito tre anni fa) e un’intensa attività live, sono rimasti un gruppo di nicchia. “Dopo la fine del tour nel 2016 non credevo più che la band avrebbe avuto successo, che suonare fosse un lavoro con cui riuscire a pagare le bollette” ha ammesso candidamente la frontwoman Rachel Browne in un’onesta chiacchierata con Ali Carter dei Control Top uscita su The Talkhouse qualche settimana fa.
Non stupisce quindi che “Meaning” sia un disco diverso dai precedenti. Prodotto insieme a Kyle Gilbride degli Swearin’, composto prima e dopo l’elezione di Donald Trump, è l’album della maturazione. Le influenze shoegaze spariscono quasi completamente, l’atmosfera resta grintosa grazie alla batteria incalzante di Anne Dole e alle chitarre sempre taglienti di Andrew Futral che furoreggiano nella conclusiva “Blind Spot”. I riferimenti principali di questo terzo album sembrano essere proprio gli Swearin’ e anche Katie Crutchfield (Waxahatchee) soprattutto in “Heart Of Gold” (non quella di Neil Young) “In Blue” e “Skygazing”.
Il rumore cristallino dei Field Mouse diventa più melodico, merito soprattutto delle armonie create dalle voci della Browne, della bassista Saysha Heinzman e della tastierista Zoà« Browne supportate spesso da un quartetto d’archi in cui spicca il violino tutto italiano di Lorenzo Mazzamuto ben presente in “White Elephant” e “Visitors”. “Meaning” è il disco in cui i Field Mouse scoprono il loro lato più pop e sbarazzino. Una sinfonia meno intensa ma leggera e stuzzicante.
Credit foto: Katie Krulock