Pubblicato lo scorso 18 ottobre il sesto album in studio della band statunitense degli Alter Bridge, “Walk The Sky”. Il nuovo lavoro arriva a tre anni di distanza dal discreto “The Last Hero” del 2016 che ha comunque piazzato ottime hit quali “Show Me a Leader”, “The Other Side” e “My Champion” nonchè supportato da un seguitissimo tour mondiale.
Bisogna dare atto alla premiata ditta Tremonti & Kennedy di essere sempre sul pezzo, non solo per la loro notevole iperproduttività con la band ma anche per la partecipazione a progetti paralleli che hanno visto i Nostri impegnati su diversi fronti. Purtroppo questo si traduce in una certa ripetitività dei brani contenuti in quest’ultimo “Walk The Sky” rispetto al passato e il che, di per sè, non rappresenta una cosa negativa ma di certo non si può dire che si respira aria nuova. Anche nei brani meglio riusciti del disco – come “Dying Light”, dove si alternano melodie e puro hard rock, “Godspeed”, nella quale le azzeccatissime tastiere avvolgono una interessante ballad, e “Walking On The Sky”, con un tipico refrain da stadio – alla fine non riescono a distogliere l’ascoltatore da quella sensazione biblica del “nihil sub sole novum”.
Sia ben chiaro, davanti c’è un buon lavoro, un classico degli Alter Bridge, semplice e senza orpelli che di sicuro farà contenti i fan di lungo corso e non solo, ma non sufficiente a spiccare il volo così come hanno fatto in passato gli intoccabili “One Day Remains” e “Blackbird”.
L’impressione è che il quartetto di Orlando si sia voluto rifugiare in una sorta comfort zone dalla quale non riesce più ad uscire, proprio ora che era arrivato il momento di alzare l’asticella, ancora una volta.
L’album si dipana in ben quattordici tracce per la durata di un’ora capeggiate da una breve intro “One Life” alla quale fa seguito la potentissima “Wouldn’t You Rather” che, insieme alla potenziale hit da radio “Take The Crown”, avrà un resa eccezionale dal vivo.
La trasgressiva “Forever Falling” entra di diritto tra i brani migliori del disco insieme al trittico accennato sopra non fosse altro per il gradito ritorno al microfono di Mark Tremonti. La consueta voce superdotata di Kennedy, invece, raggiunge il suo apice nella scintillante “The Better End”.
Qualche innovazione, in realtà , la si può trovare in “Pay No Mind” nella quale si riverbera un interessante synth in apertura e nell’ambiziosa quanto minacciosa “Indoctrination”, dall’appiglio sperimentale.
Il quartetto di Orlando, infine, ci regala altri papabili successi come la convincente ballad di impatto immediato “Tear Us Apart” ( lontana anni luce, tuttavia, da “Watch Over You” o da “Open Your Eyes”) e “Clear Horizon”, con gli avvincenti e ripetuti backbeat.
Insomma, gli Alter Bridge irrompono con l’usato sicuro e garantito nella scena musicale hard rock in questo scampolo di 2019, proponendoci un disco non all’avanguardia, non un disco perfetto, ma di sicuro validissimo. Forse la compagine statunitense aveva abituato troppo bene i fan con i precedenti lavori di spessore, caricandoli di aspettative in attesa della loro prossima mossa.
Chissà . Intanto a distanza di due anni dalla loro ultima apparizione nella Penisola, Kennedy e soci saranno al Mediolanum Forum di Assago il 2 dicembre prossimo per la loro unica data italiana spalleggiati da guests d’eccezione come Shinedown e The Raven Age. Siamo certi che, in questo caso, non deluderanno le aspettative.