“Se tanto dobbiamo morire, preferisco morire lottando. Attaccami Gmork! IO SONO ATREYU!”
Eccola la battuta definitiva, assoluta, quella che mi ricordo e che ricorderò sempre, perchè, diciamoci la verità , chiunque di noi maschietti avesse avuto dai dodici ai quindici anni nel 1984, avrebbe voluto essere Atreyu guerriero bambino dai lunghi capelli neri e padrone di Artax un cavallo bianco bellissimo. “La Storia Infinita”, è un film vittima di una maledizione, un tremendo anatema che lo stesso autore del capolavoro letterario lanciò già durante la lavorazione e poi all’uscita nelle sale di tutto il mondo. Michael Ende ha sempre osteggiato la controparte cinematografica della sua opera definendola: una zozzura a livello umano e un tradimento a livello artistico. Beh, facciamo finta nonostante il libro sia un capolavoro assoluto, che esista solo il film e vediamo di omaggiare un simbolo della nostra infanzia e di quel periodo tanto florido per il cinema fantastico e avventuroso. Ora, io non è che voglio contraddire l’autore, ma anche rivendendolo a distanza di anni, molti anni, ritengo questo film, al netto delle differenze con il libro (si ferma comunque a metà dell’opera), un piccolo gioiello visivo.
Gli effetti speciali, per quanto artigianali e datati, reggono ancora bene se calati nel contesto e, iconograficamente, Mordiroccia, il Fortunadrago e l’intero regno di Fantà sia sono una gioia per gli occhi di chi vuole ancora sognare ed emozionarsi con la splendida colonna sonora di Giorgio Moroder.
Una cosa il film trasmette bene: l’amore per i libri e la lettura. Bastian è un bambino taciturno, solo, ma con una fervida immaginazione e un amore sconfinato per quei “piccoli oggetti rettangolari, si chiamano libri. Richiedono un certo impegno” come dice il Signor Coriandoli all’inizio. Accompagnamo Bastian mentre si immerge nel mondo di Fantà sia divorato dal Nulla e facciamo conoscenza di esseri strani, inimmaginabili come Deep Roy e la sua lumaca, i Bisolitari Engywook e sua moglie fino al lugubre e feroce Gmork che ha il compito di uccidere Atreyu. Quello che ancora rapisce è l’aura di magia che pervade l’intera pellicola, una sorta di sogno sospeso e al di là di questo mondo, ma tangibile sebbene irreale. Tangibile perchè forse è il più recondito dei nostri desideri quello di vivere una vita in un mondo altro e Wolfgang Petersen il regista, riesce benissimo a darci qualcosa di vivo e vibrante tenendoci incollati davanti allo schermo fino alla fine.
Splendida poi, così algida, così glaciale, è l’Infanta Imperatrice che assume contorni quasi inquietanti verso la fine quando il solo Bastian ha il potere di salvare Fantà sia. Chi vede “La Storia Infinita” deve passare necessariamente per l’opera di Ende, di gran lunga più complessa, lunga e ricca di tanti altri personaggi e vicende lodando il genio dell’autore, ma senza essere invasi dal livore verso la controparte cinematografica che occuperà sempre un posto speciale nei nostri cuori.