Accende sempre i riflettori su di sè Linnea Siggelkow, in arte Ellis. Lo fa fin dall’ EP “The Fuzz”, non smette certo ora, che si trova a pubblicare il suo album d’esordio “Born Again”. Il titolo è molto indicativo. Linnea scava nella sua educazione, nei suoi punti fermi di crescita che ha iniziato a scardinare nella (post) adolescenza: innegabilmente, se lo si fa con convinzione e con la voglia di lasciare segni nella pelle e nell’anima, questo processo può essere davvero difficile. E forse la catarsi potrebbe non arrivare. Dice Ellis: “Quando il disco fu finito, non mi sentivo come avevo previsto. Pensavo di sentirmi eccitata, soddisfatta e orgogliosa di me stessa, ma sinceramente mi sentivo molto impoverita e svuotata“. Il perchè è presto detto, l’artista ha messo tutta sè stessa in questo disco, non ha risparmiato nulla: gioie, dolori, ansie, scoperte, tensioni, domande, rapporto con il partner. Una seduta psicologica estenuante. Di fronte a questa sincerità e a questo mettersi a nudo come si può restare indifferenti?
A questo punto parlare di album “emo” non è certo una bestemmia, anzi.
Synth e chitarre giocano a coprirsi e, nello stesso tempo, a lasciare lo spazio l’uno all’altro, trovando anche il modo per svilupparsi insieme. Un mondo sonoro dream-pop (fin troppo) classico, se vogliamo, scontato, a tratti, ma pur sempre piacevole, con qualche melodia che emerge limpidissima (“Fall Apart”). La costruzione musicale è delicata e avvolgente, capace di essere ipnotica, ma spesso basata sul classico ‘piano/forte’, che traduce in suoni quelle sensazioni e quelle emozioni che si rincorrono nella testa e nel cuore dell’artista, che, a un certo punto, dopo aver tenuto i toni bassi, ci vuole davvero coinvolgere anche nel suo turbinio personale, potandoci nella sua “tempesta” (“Into The Trees” o “Zhuangzi’s Dream” sono emblematiche).
Il 6,5 in pagella (con tendenza più verso il 7 che il 6) è meritato: la piena sufficienza è più che doverosa. Il lavoro si fa apprezzare e ci fa toccare con mano lo stato d’animo di Ellis, che però, al momento, resta, melodicamente parlando, ancora un gradino sotto a un nome tutelare come Julien Baker.