“ZeroZeroZero” è stata la serie evento dello scorso inverno: ispirata all’omonimo libro di Roberto Saviano segue il percorso di una partita di cocaina dalle origini alle (spesso estreme) conseguenze attraversando paesi, continenti e mostrando i giochi di potere che legano criminalità organizzata, trafficanti, piccoli spacciatori.
Otto episodi ideati da Leonardo Fasoli, Mauricio Katz e Stefano Sollima, che torna a collaborare con Saviano dopo “Gomorra”, mentre la colonna sonora è stata affidata ai Mogwai che l’hanno resa disponibile ad inizio maggio in esclusiva benefica su Bandcamp per una settimana, prima dell’uscita vera e propria.
L’idea di coinvolgere la band è stata proprio di Sollima, quando si trovava in Messico per i primi sopralluoghi (mentre i Mogwai erano in tour in Sud America). Un incontro non certo casuale ma dettato da indubbie affinità creative e rispetto reciproco, che ha portato alla nascita di questi ventuno brani. La tensione e il montaggio di “ZeroZeroZero” vengono amplificati da una musica che non è mai di sottofondo.
Spetta infatti ai Mogwai il compito di sottolineare i momenti salienti, legare le varie dimensioni temporali di una trama incredibilmente complessa. Una sfida che accettano facendo ricorso a tutte le armi che hanno a disposizione: chitarre che si muovono tra riverbero, delay e armonici arpeggi, la batteria di Martin Bulloch e il basso di Dominic Aitchison minimali ma incalzanti.
I sintetizzatori, le tastiere e il piano di Barry Burns trascinano sempre più a fondo creando cupe trame e brividi noir fin dalle prime note di “Visit Me” e “I’m Not Going When I Don’t Get Back” che profuma di John Carpenter. Un crescendo che culmina in brani dal tocco più sperimentale come “Lesser Glasgow”, nel ritmo di “Rivers Wanted” e nella melodia di “Modern Trolls”.
Stuart Braithwaite ha detto che “ZeroZeroZero” è probabilmente l’opera più dark che i Mogwai abbiano mai composto anche se non mancano momenti di quiete (“Telt”, “Fears Of Metal”, “El Dante”). Una colonna sonora evocativa e inquietante che diventa colonna portante confermando l’intuito di una band che sa interpretare sceneggiatura e immagini, trasponendole in musica come poche altre.
Photo Credit: Anthony Crook