Ut sementem feceris, ita metes.
Le conseguenze delle nostre scelte e delle nostre azioni non sono casuali, non lo sono mai. C’è una stretta connessione tra il sistema neoliberista, ossessionato dal denaro, che governa il mondo moderno e ciò che sta succedendo in questi giorni in molte città americane. Nel frattempo, la crisi sanitaria, che ha acuito e reso ancor più drammatiche le fratture sociali ed economiche, sta provocando, direttamente o indirettamente, un ingente numero di vittime, soprattutto tra le persone più povere, più indifese e più emarginate.
Ciò che è accaduto a Minneapolis è stato un vero e proprio linciaggio, un omicidio brutale, reso ancora più efferato perchè commesso da un agente di polizia in servizio, dinanzi ad altri agenti di polizia, che sono rimasti lì a guardare, senza muovere un dito, magari divertiti da ciò che stava accadendo a quell’uomo disarmato, ammanettato e disteso a terra che moriva mentre era soggetto alla loro custodia. E tutto accadeva con agghiacciante premeditazione, semplicemente perchè quell’uomo era nero.
La vita d’un nero, dunque, vale meno di quella d’un bianco?
“But I know a change gonna come, oh yes it will“, recita uno dei versi del brano “A Change Is Gonna Come” di Sam Cooke; in realtà questo cambiamento, di cui si è tanto scritto e parlato, non c’è, non c’è mai stato e la risposta delle autorità ““ dopo questo ennesimo assassinio perpetrato da un uomo bianco in divisa ““ nè è la prova. Qual è stata, in fondo, la risposta alle proteste? Innanzitutto quella di mobilitare la Guardia Nazionale in tante città del paese, perchè la violenza non può che chiamare altra violenza, come se tutto potesse ridursi ad una semplice resa dei conti hollywoodiana.
Dietro il mito del sogno americano vi è un modello costruito sull’avidità , sulla diseguaglianza, sulla supremazia razziale bianca, su una politica estera di stampo colonialista che non esita, purchè si tutelino i suoi meri interessi economici e commerciali, a tutelare regimi dittatoriali ed intolleranti che imprigionano ed ammazzano persone solo perchè, ai loro occhi, sono diverse.
Quante volte abbiamo visto uomini essere trascinati via, picchiati, torturati, ammazzati solo per il divertimento dei loro aguzzini? “And they threw him in the waters wide to cease his screaming pain” (The Death Of Emmett Till, Bob Dylan). Il loro grido di dolore echeggia incessantemente nelle nostre coscienze.
George Floyd, oggi, è la punta dell’iceberg di un enorme fallimento planetario, dell’arroganza di un modello che nega il cibo agli affamati, che nega diritti fondamentali come l’assistenza medica, l’istruzione, un lavoro dignitoso e che tenta di potersi rafforzare favorendo la frammentazione sociale, mentre i media ci propinano il finto buonismo di una società multirazziale, aperta, tollerante, solidale che, in realtà , non esiste.
In questo oceano di fake news, di frasi di circostanza, di luoghi comuni, di politichese, nessuno ha il coraggio di dire la verità : quello che è accaduto non è un incidente isolato, non è responsabile solamente quel poliziotto, che ovviamente va arrestato, incriminato e processato per omicidio, ma lo sono le forze di polizia nella loro interezza; il sistema è malato perchè le sue radici sono piantate in più di un secolo di schiavismo, nelle famigerate leggi Jim Crow che di fatto legalizzavano la segregazione razziale, nella profonda disparità e diseguaglianza che oggi fa sì che il tasso di mortalità per Covid-19 tra le persone nere sia tre volte superiore a quello tra i bianchi, nel tweet ““ poi oscurato ““ di Trump secondo cui quando inizia il saccheggio allora si deve iniziare a sparare.
“We got to fight the powers that be” (Fight The Power, Public Enemy); l’unico vero cambiamento può passare solo attraverso una presa di coscienza delle persone, di tutte le persone, affinchè si indignino e lottino per una ridistribuzione più equa delle risorse e per una società che garantisca a chiunque i medesimi diritti, ad iniziare dall’istruzione, dalla salute, dalla casa e dal lavoro, spezzando il nefasto legame tra politica e finanza, distruggendo ogni lobby di potere e ridefinendo i limiti entro cui possono muoversi le forze dell’ordine punendo con severità chi sbaglia, chi nasconde, chi nega, chi protegge, chi insabbia, chi discrimina.
Ed i nostri camaleontici politicanti e scribacchini che in questi giorni si accalcano, ipocritamente, a condannare e prendere le distanze da quel poliziotto, chiudendo gli occhi davanti ad aguzzini nominati questori, ricordino i tanti nomi che echeggiano nelle profondità delle nostre coscienze: Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Riccardo Magherini, Giuseppe Uva e le tante altre vittime delle nostre guardie bigotte (Un blasfemo, Fabrizio De Andrè), che come ci ha recentemente mostrato Derek Chauvin sono solo la mano di un sistema prepotente e violento, che non esita a colpire i più deboli, gli emarginati, i diversi, i neri, cercando loro l’anima con un ginocchio premuto sul collo.
Photo: Rosa Pineda / CC BY-SA