A due anni di distanza dal suo “Ark ep” del 2018, Will Westerman confeziona dodici fluttuanti tracce dalle livree dense di catartico indie-pop.
L’album si presenta con le parole “Il tuo eroe non è morto” nella strumentale traccia d’apertura, “Drawnbridge”, la quale funge da prologo a quello che si dimostrerà essere il leitmotiv di tutto il percorso sonoro dell’esordio dell’artista londinese, ricco di scenografiche sperimentazioni che, di fatto, iniziano con la vera opener, “The Line”. Brano, quest’ultimo, di una intensità incredibile, con il suo mood eighties fatto di chitarre e synth incandescenti dai quali fuoriescono note di world music che ricordano uno dei suoi profeti indiscussi, ovvero Peter Gabriel.
In realtà , l’atmosfera che si respira in tutta l’esperienza del disco si avvicina al sound citato aggiungendo delicati ed a volte eterei “giochetti” poppeggianti tra i predominanti sintetizzatori e la voce di Westerman, come nella successiva “Big Nothing Glow”.
Anticipato dai singoli “Blue Comanche”, pezzo spettacolare, il migliore senza dubbio dell’album per quanto avvolgente e incalzante si innesta la voce malinconica di Westerman e da “Think I’m Stay” dove si affaccia nuovamente il tipico sound di territori anni ’80 tra linea di basso pulsante e cori da pelle d’oca, il disco è stato registrato tra Londra ed il Portogallo con la collaborazione dell’amico produttore Nathan Jenkins (aka Bullion).
I virtuosi riff di chitarra impreziositi da derive elettropop caratterizzano “Waiting On Design” che si lascia andare sul finale con una sessione di fiati degna di “…Nothing like the sun” mentre con l’aiuto del finger-picking in “Dream Appropriate”, ci dirigiamo verso la mescolanza delle solite chitarre mascherate, questa volta, da una superba drum machine che si contende lo scettro di miglior brano del disco e dove gli echi di Gabriel si fanno sentire più pregnanti.
A questo punto diventa quasi pleonastico ammettere che “Your Hero Is Not Dead” entra in corsa senza difficoltà per un posto nella top ten di fine anno, proprio quando c’è un altra regina da incoronare che porta il titolo di “Confirmation (SSBD)”, il brano più pop dell’intero capitolo ma anche il più trascinante almeno fino a quando i successivi penetranti synth di “Paper dogs” non si riappropriano della scena aggiungendo allo score un altro variopinto tassello di questo meraviglioso puzzle di brani che si attanagliano tra loro ascolto dopo ascolto.
La delicatezza degli arpeggi acustici della strumentale “Float Over” non esaurisce l’incredibile varietà dei fraseggi – comunque accomunati dalla nostalgica trama che dona quell’irrinunciabile fascino a tutto l’album – che giungono alla loro conclusione, almeno per il momento, con il sognante folk della title track che accompagna l’epilogo (con le stesse parole di inizio album) di questo fulgente ed emozionante lavoro che non può e non deve assolutamente passare inosservato.
Credit Foto: Bex Day