Con la feroce ordalia di “Brutalism” (2017) e il monolitico manifesto di “Joy As an Act of Resistance” (2018) gli IDLES sono riusciti in pochissimo tempo ad assurgere al ruolo di portabandiera di quel movimento post-punk che insieme ad altri nomi più o meno recenti come Protomartyr, Shame e Fontaines D.C. ha risvegliato negli ultimi due lustri l’interesse per il genere, de facto nato ben più anni addietro. E con la stessa velocità , i bristolers sono diventati benchmark di riferimento dei giorni nostri per le nuove leve del settore.
E hanno sicuramente preferito la preparazione di un’aspettativa, gli IDLES, chè la ricerca di un qualche stupore. Perchè l’attesa di questo terzo album era sì tanta, ma anticipata da ben quattro pezzi diffusi in precedenza con intelligente cadenza, cinque se si conta “War” uscito, con tanto di video, contestualmente all’LP.
“Ultra Mono”, ancora via Partisan Records, arriva quindi con un hype importante e porta con sè il fardello della necessità di conferma per Joe Talbot e soci circa il ruolo di vettori trainanti del movimento.
D’altra parte, mentre i coevi, per quanto più giovani, Fontaines D.C. hanno con il proprio secondo album “A Hero’s Death” imboccato un sentiero stilistico a tinte maggiormente intellettuali, profonde e poetiche, il canovaccio degli IDLES resta pressochè lo stesso: il loro è un (post)punk viscerale, sporco e battagliero.
A livello strumentale, i corredi introdotti, che avrebbero potuto rappresentare una novità , sono marginali e dovuti soprattutto alle collaborazioni esterne (Jehnny Beth nella fiammata garage di “Ne Touch Pas Moi” o l’illusorio piano di Jamie Cullum nell’apertura di “Kill Them With Kindness”, che ritrova ben presto un passo marziale e serrato) mentre la mise è quella più sperimentata: spallate, cariche, fendenti, che già la richiamata traccia d’apertura “War”, nevrotica e sferragliante, mette sul piatto senza fronzoli. E con una ricerca dell’inno con tutti i crismi, tra cui innanzitutto un ritornello d’assalto e d’impatto, a farla da padrona.
“Ultra Mono” anche a livello di temi affrontanti non si discosta granchè dai precedenti lavori: in ballo ci sono ancora Brexit, Trump e attacchi ai governi ed all’estabilishment, diseguaglianze sociali e civili, discriminazione, messaggi politici left-oriented, segnali d’amore (a modo loro, à§a va sans dire).
E se sonorità e tematiche potrebbero essere un limite per Talbot e sodali, sicuramente sono anche la loro forza.
Avanti, dritti come treni e decisi come boxers, con “Grounds” e i suoi allarmi sintetici (“Do you hear that thunder?“), la coinvolgente “Mr. Motivator”, via per “Anxiety” e la già richiamata “Kill Them With Kindness”. Compromessi al lumicino. Muscoli, garra, impulsi, a volontà .
Sudati e nevrastenici, eccoli con “Model Village” e il suo j’accuse alla mentalità di provincia e, dopo la rasoiata di “Ne Touch Pas Moi”, alla denuncia di “Carcinogenic” ed alla tarantolata “Reigns” con le sue bordate industrial-noise ad innescare il solito ritornello esplosivo.
Se le acque in casa IDLES non si calmano mai, il trittico finale pare volere rallentare l’impeto: “The Lover” è una frecciata (auto)ironica ai detrattori che nel mentre si fanno sempre più numerosi e acuminati, “A Hymn” ha pulsazioni ridotte mentre la nevrosi, desolata, plumbea ed entropica si prende la scena, prima che “Danke” chiuda il sipario giocandosela sull’energia del proprio tranchant.
A conti fatti, però, la sensazione è che per quanto Talbot si agiti rabbioso e digrigni i denti nel suo incedere a tratti sloganistico, e per quanto la band alle spalle (dove Jon Beavis è forse l’elemento tecnicamente più dotato) picchi e si dimeni, i giri paiono più controllati dei precedenti lavori, e la scrittura meno pungente e radicale di quanto ci saremmo potuti aspettare/augurare.
Detto questo, la potenza di fuoco degli IDLES e la loro presa in aggancio sull’ascoltatore è evidente, immarcescibile, ineluttabile, e le aspettative non possono certo definirsi deluse: per quanto, personalmente, qualitativamente inferiore ai due precedenti lavori, “Ultra Mono” ai punti consegna comunque l’agognata conferma sul valore della band britannica come uno dei più solidi punti di riferimento del settore.
Credit Foto: Tom Ham