“Halcyon Digest”: ragione e/o sentimento. Personalmente, senza mezzi termini, penso che “HD” sia un disco che merita un’ovazione. Con toni più rigorosi ed equilibrati, una recensione potrebbe smorzare l’entusiasmo ma portare comunque alla conclusione che i Deerhunter ci regalano non solo il loro album migliore ma uno dei più belli dell’anno.
Una recensione potrebbe di certo spiegare che concepito come una “‘metabolizzazione’ di ricordi, filtrati e rielaborati, “Halcyon Digest” consacra le ambizioni del gruppo di Atlanta con una semplicità disarmante. Non siamo davanti a brani che citano pretenziosamente echi del passato senza riuscire a raggiungerne la qualità . I Deerhunter non vogliono essere altro che i Deerhunter e “Halcyon Digest” è forse il miglior concentrato della concezione musicale di Cox e Pundt che dopo Atlas Sound e Lotus Plaza sono tornati a ricomporre, affiancati nella produzione da Ben Allen (Animal Collective), le memorie fragili ed evocative del loro passato in questo magnifico collage emozionale. Halcyon Digest compie quello che non era riuscito con i precedenti “Cryptograms” e “Microcastle” pur non essendo un disco “‘rivoluzionario’ ma piuttosto una creazione che sa di atmosfere indie rock anni’80 e ’90 senza diventare pedante. Ogni canzone reinventa se stessa in una sequenza quasi perfetta in cui ciascun brano potrebbe essere quello migliore/il nostro preferito.
Banjo, chitarra acustica, percussioni elettroniche, armonica e l’efficacissima introduzione del sassofono danno vita con le vocalizzazioni di Cox e Pundt ad un percorso musicale in undici tappe che inizia sul drumbeat di “Earthquake”, apertura lenta eppure azzeccata la cui atmosfera eterea lascia il posto all’immediatezza pop di “Don’t Cry” e “Revival”, stralunato e insolito buonumore Deerhunter che ripete darkness alwyas, it doesn’t make much sense.
Una recensione rigorosa ed equilibrata potrebbe anche portarci ad osservare che anche Halcyon Digest inciampa, nell’opinabile scelta di spezzare il ritmo con “Sailing”, ode solitaria di Cox. Ma se “HD” inciampa è pure vero che ““ a differenza dei precedenti album- si rialza. A riprendere il filo sono “Memory Boy” col suo ossessivo e orecchiabile it’s not a house anymore e “Desire Lines” che immediatamente ““ ma solo per alcuni secondi- ci ricorda gli Arcade Fire e si candida subito dopo a diventare brano-icona della band. Riverberi elettronici, bolle sonore e vocalizzazioni cantilenanti per “Helicopter”, riuscitissimo tentativo di spingersi oltre le confortevoli e rassicuranti atmosfere precedenti. Merito di Pundt “Fountain Stars”, cifra rock ma nel complesso nessun tratto decisivo che elevi il brano rispetto al corpo del disco. E’ invece “Coronado”, frutto dell’immersione di Cox nell’universo Stones di “Exile on Main Street” che introduce il sax come novità più inaspettata nel mondo Deerhunter. In un album in cui ogni pezzo può proporsi come “‘favorito’ il posto d’onore non potrebbe che essere riservato al brano di chiusura, la meravigliosa “He Would have Laughed”, tributo struggente a Jay Retard, alchimia in chiave spiccatamente Atlas Sound, che appesa su un’ultima nota spezzata si spinge oltre i sei minuti di onirica qualità musicale tra armonizzazioni vocali, loop di tastiera e drumbeat.
Fin qui la ragione, quello che potrebbe dire una recensione, il commento ad un disco con qualche sbavatura ma oggettivamente buono.
Il punto è che “Halcyon Digest” merita molto più di questo. La sua estetica d’insieme non lo confina ad una sterile accozzaglia di tentativi, ma segna la differenza tra ciò che un disco è sulla carta e quello in cui può trasformarsi quando lo ascoltiamo.
“Halcyon Digest” sono i Deerhunter fuori dal grigiore dei toni cupi, in un caleidoscopio di emozioni.
Per cui tralasciando rigori e tecnicismi non mi chiedete cosa sarà della band di Atlanta, se oseranno di più nel loro prossimo disco, se HD è il loro lasciapassare per il genio, se saranno meglio o peggio di ora. Al momento so solo che certi piccoli frammenti di entusiasmo, condensati in qualche minuto di musica e parole, possono far venir voglia di affacciarsi alla finestra per gridare walkin free. come with me. far away. every day finchè non si ha più voce.
In questo “Halcyon Digest” è un disco perfettamente compiuto perchè ci ricorda, senza bisogno di critica musicale, sofisticazioni e censure che il potere della musica è tutto in questi brevi istanti di irrefrenabile, magnifica, semplice euforia. Ci ricorda, senza giri di parole, perchè continuiamo ad ascoltare musica. E questo detto da qualcuno che non è fan incallito dei Deerhunter. Almeno non lo era.
Esiste motivo più valido per apprezzare un disco?