Iniziamo da uno dei brani che chiudono questo nuovo disco della band americana, “I’ll Be Your Host“, brano in cui si avverte come il dolore può, spesso, gettarci nel panico più assoluto, come può farci assumere atteggiamenti di chiusura totale e brutale ostilità verso il mondo circostante, finchè, un bel giorno, non ci rendiamo conto che tutto ciò è inutile, che continuando a scappare ed isolarci finiremo solamente stritolati tra le ansie di “Reminders” e le ombre di “Exit Row“.
Per rimetterci in pista abbiamo, inevitabilmente, bisogno di stringere dei rapporti; soprattutto in questo senso, aldilà della reciproca stima artistica, va letta la presenza di Andy Hull dei Manchester Orchestra, band dalle sonorità nettamente diverse da quelle dei Touchè Amorè: “Limelight” vuole essere una reale testimonianza di speranza, qualcosa che, facendo leva sull’empatia esistente tra persone diverse ed apparentemente distanti, può dare vita ad un argine contro la sofferenza e trasformarsi in una sorte d’iniziezione di positivà in una epoca che ““ aldilà delle esperienze, più o meno negative, che ciascuno di noi può fare ““ è caratterizzata da una enorme sensazione di precarietà ed impotenza, sia dal punto di vista politico, che economico e sociale, con l’ombra di un prossimo e lungo inverno di blocchi, chiusure, divieti e lutti alle nostre porte.
“Lament” è senza alcun dubbio un disco più aperto musicalmente rispetto al passato, nel quale le trame, tipicamente punk e post-hardcore, della band californiana si aprono a passaggi più melodici, rockeggianti e meno rumorosi, ma sempre densi di emozioni viscerali e spunti di riflessione propositivi, che, tra le ritmiche pulsanti della batteria ed i riff taglienti di chitarra alternati a momenti più evocativi e sentimentali, tenta, per quanto sia complicato, di diradare le nubi che minacciano il nostro futuro, trasformando la comune vulnerabilità dell’omonima “Lament” in un appiglio a cui tutti noi potremmo aggrapparci per ripartire in modo più consapevole, più onesto e più solidale, perchè, in fondo, se continuiamo a voler fare ciascuno per sè, resteremo per sempre i fragili rami che la folata di vento, un po’ più forte, di “Limelight“, spezzerà facilmente, spingerà altrove ed infine getterà via sulla terra brulla delle nostre molteplici solitudini.