Per gli amanti del prog è ancora vivido il felice ricordo derivante dagli ascolti (che immagino divenuti ben presto compulsivi) del loro precedente album “L’enigma della Vita”, forte di una copertina suggestiva ed ammaliante quanto la musica ivi contenuta.
Un album accolto da ampio riscontro di pubblico, non solo italico, che testimoniava un trionfo artistico corroborato da un’unanime critica nel certificarne la bontà .
Per chi se lo fosse fatto sfuggire buona occasione sarà l’imminente ristampa deluxe, in doppio cd con annessa testimonianza live, per immergersi nel mondo che vi aspetta al di là del cancello raffigurato nella cover del disco.
Il nuovo album dei Logos, “Sadako e le 1000 gru di carta”, chiariamolo sin dall’inizio, non solo conferma lo status di salute della band ma ne certifica le qualità a tutto tondo, sia compositive che strumentali.
Giova spendere qualche riga su ciò che viene evocato dal titolo del disco, che racchiude una storia di vita affascinante e ricollega la musica ad altri progetti artistici, sia nel capo della pittura contemporanea che nell’arte visuale (frutto della collaborazione con Elia Cristofoli, autore dell’ “art video” a supporto).
Grazie al fecondo incontro con la pittrice Marica Fasoli, in una esposizione di sue opere dedicate agli origami, vengono a contatto con la storia della piccola Sadako, perita in giovane età per i danni causati dalle radiazioni subite a causa della famigerata bomba di Hiroshima, che ispira la band per dedicare l’intero lavoro a questa vicenda , avvalendosi del supporto testuale di Marco Zuffo.
Una storia solo apparentemente funesta, ma in realtà una storia di tenacia, speranza e bellezza, come le 644 gru realizzate da Sadako che visse la sua malattia ispirata dall’antica leggenda , che le fu raccontata durante la degenza in ospedale e che recita “Chi piegherà mille gru di carta vedrà i propri desideri esauditi“.
Non arrivò al sognato numero di 1000 ma la differenza con le 644 da lei costruite fu realizzata dei suoi amici dopo la sua morte.
Inutile a mio avviso fare il consueto rimando alla felice stagione dei concept album del prog di settantiana memoria, che si correrebbe il rischio di archiviare il tutto come mero “revival”.
Ricorrono invero rimandi alle band del prog e neo prog così come ai Goblin, nella travolgente opener “Origami in Sol”, che spiana la strada per brani di tradizionale lunga durata fino alla suite finale che regala il tiolo all’album.
Brani talmente ben congegnati che scorrono fluidi , azzerando la temporalità che circonda l’ascoltatore, rapito da fughe strumentali che profumano di spezie del Canterbury più gentile (qualcuno ricorda i Caravan?) così come dei Camel o dei King Crimson meno cerebrali, tra i tanti nomi che potremmo citare, senza ovviamente dimenticare la grande scuola italiana.
Nota di merito alla produzione, grazie anche al prezioso supporto al mixaggio di Fabio Serra, che si conferma magico dietro alla console oltre che essere membro di un altro gruppo di quest’area musicale, ovvero i Rosenkreutz, di cui vi invito ad ascoltare l’abum “Divide et Impera”, sempre targato 2020 e sempre su etichetta Andromeda Relix.
Non serve dunque consigliare questo album unicamente ai soliti nostalgici del prog, che peraltro potrebbero rinunciare all’ennesima “ristampa della ristampa” dei soliti nomi: in questo lavoro infatti vincono la creatività e le canzoni e, in tempi come quelli attuali, forse un po’ confusi dalle troppe uscite discografiche, ha forse senso giudicare unicamente un’opera artistica dal grado di innovazione che contiene?
Fate vostro questo album, possibilmente sfogliando il libretto del compact disc e scansionando sul retro del cd il codice per avere più ampie informazioni sulla storia che sta dietro questo disco, da “stropicciare” di ascolti come l’origami della copertina.