Dimenticarsi di un gruppo che non più di sei anni avevi apprezzato fino a rovinare il cd non è cosa da tutti. Gli Autolux ci sono riusciti. Sono passati infatti ben sei anni da quel “Future Perfect ” che li aveva portati alla ribalta del piccolo star system indie a stelle e strisce. Opening per gente del calibro di Shellac, White Stripes, Nine Inch Nails, Beck e buone recensioni in giro. Poi una pausa inframezzata da esibizioni qui e lì, singoli e collaborazioni (notevole quella su “War Stories” degli UNKLE), colonne sonore e remix.
Poi il primo maggio del 2008 (!!) il primo singolo del futuro nuovo disco vede la luce: “Audience No. 2”. Si rincorrono voci che portano alla conferma nel marzo di quest’anno della tracklist ufficiale di “Transit Transit”. Alla fine ce l’hanno e ce l’abbiamo fatta.
“Transit Transit” non si discosta troppo dalle atmosfere dissonanti di “Future Perfect”, lo spettro di un certo shoegaze è sempre dietro l’angolo, ma stavolta lo scenario sonoro si amplia ancora di più rendendo evidente un’influenza Sonic Youth, di un certo noise fine ’80-inizio ’90 e anche di suoni che non possono che non rifarsi al krautrock (un passaggio che ha visto ad esempio protagonisti anche i Serena Maneesh ultimamente per dirne una). C’è più spazio alla melodia in certi frangenti (“Census”) questo sì, a un certo minimalismo (la title track in apertura) ma in definitiva la struttura media dei brani si fa più difficoltosa. I riferimenti shoegaze si rifanno più verso l’orizzonte Swerverider che il classico clichè ‘Bloody Valentiniano’ (oramai usato ed abusato) e questo non può essere che un merito per i nostri che spesso, però, falliscono nel cercare di renderlo appetibile più di quanto non si sia già fatto in passato (“Headless Sky” ad esempio). Forse la parte più “‘noiosa’ di “Transit Transit” alla fin fine risultano, banalmente, le ballate o il tentativo di tirarne su qualcuna: “Highchair” e “The Bouncing Wall” su tutte.
Gli Autolux non sono una pessima band, tutt’altro e hanno parecchio da dire, molto più di parecchi loro contemporanei. Ma spesso indugiano troppo sulla intuizione sbagliata, pecca questa che fa scendere il giudizio su di loro di almeno un punto.
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