Nell’annus horribilis della scena rock alternativa con le debacle di formazioni come Interpol, Wolf Parade e 65daysofstatic, erano in parecchi pronti a celebrare lo scivolone dell’ennesimo fenomeno indie. Ma i The Walkmen non sono esattamente gli ultimi arrivati. Nella loro decennale carriera la formazione statunitense ha assaporato elogi (il debutto “Everyone” ma soprattutto il seguito “Bows+Arrows”, quello del singolone “The Rat” tanto per intenderci) ma anche subito cadute rovinose come quel “A Hundred Miles Off” che sembrava averne sancito la fine. Invece due anni fa hanno spiazzato tutti (inclusi il sottoscritto) producendo un lavoro assolutamente notevole, quello “You &Me” che ha popolato le fatidiche classifiche di fine anno di webzine e riviste.
Dopo questa dovuta premessa, c’è da dire che “Lisbon” è un album denso di emozioni, solcato una sottile inquietudine e caratterizzato da una sincerità musicale spiazzante tra fascinazioni cantautoriali e venature indie ubriache. Sempre gravitante intorno alla voce torturata e carismatica di Hamilton Leithauser, la nuova fatica della band statunitense si presenta immediatamente come romantico (“Juveniles”) e struggente (“Angela Surf City”) ma sorprendente accessibile anche grazie alla splendida organicità donata dalla chitarra di Paul Maroon. La ritmica saltellante e coinvolgente di “Blue as Your Blood”, i fiati eleganti di “Stranded” e l’ottimismo policromatico di “Victory” intrattengono l’ascoltatore con qualità prima del gran finale con gli eleganti volteggi sonori di “All My Great Designs” e la tensione crepuscolare della title-track.
Più che la conferma “Lisbon” rappresenta la consacrazione per una formazione che dimostra finalmente di essere molto di più di una semplice one-hit(“The Rat”)-band, un’irresistibile dichiarazione di intenti per gli amanti del guitar-rock dalle traiettorie musicali oblique. I Walkmen sono tornati per deliziarci nuovamente. Lunga vita ai Walkmen!