Phil Collins costruì il successo di “Face Value”, il suo debutto solista, sulle macerie di un cuore devastato dal divorzio dalla prima moglie Andrea Bertorelli. Il batterista e cantante dei Genesis, all’epoca già  totalmente a suo agio nelle vesti di sostituto di Peter Gabriel, aveva iniziato a lavorarci sopra nei ritagli di tempo libero concessi dall’estenuante tour di supporto di “…And Then There Were Three…”, il nono album della band britannica. Un impegno di proporzioni mastodontiche che agì da catalizzatore nella separazione dalla consorte, che giustamente si era stufata di vederlo solo sulle pagine delle riviste.

Il distacco, per quanto estremamente doloroso per il povero Collins, venne elaborato in una serie di sessioni di registrazione intense e fruttuose, svoltesi tra l’assolata California e la nuvolosa Inghilterra. E chissà : forse furono questi continui sbalzi climatici, vissuti sulla propria pelle nei frequenti viaggi tra un continente e l’altro, a trasformare i quaranta minuti abbondanti di “Face Value” in una fitta rete di canzoni dalle temperature variabili e dalle sfumature variegate.

Tanto per non abbandonare questi tristi giochi di parole, arriverei a definirle persino meteoropatiche: come il loro autore, subiscono gli effetti del cambiamento ma si adattano perfettamente alle nuove stagioni. E quindi è questa specie di forte escursione termica, tra le influenze calde e spontanee dell’R&B americano e quelle fredde e raffinate del progressive britannico, a definire gli umori sempre cangianti delle dodici tracce del disco.

I dolci venti invernali che soffiano sulla blueseggiante “The Roof Is Leaking” e su tre ballatone ultra-soft da manuale intitolate “This Must Be Love”, “You Know What I Mean” e “If Leaving Me Is Easy” aggiungono quel pizzico di delicatezza necessario ad attenuare lo struggimento del Phil Collins fresco di divorzio.

In “Face Value”, nonostante la produzione cristallina e le sonorità  pop levigate e da altissima classifica, la sofferenza c’è e si avverte in maniera importante. è una condizione di tormento e impotenza che si insinua nelle note cariche di tensione di “In The Air Tonight”, un enorme classico della musica anni ’80 che, oltre ad aver riscritto le leggi dell’utilizzo del riverbero sulla batteria, ci ha mostrato per la prima e forse unica volta un lato nascosto del volto del frontman dei Genesis dell’era post-Gabriel.

Un uomo dal viso buono e pacioso, capace di scrivere brani divertenti ed estivi come la scoppiettante “Behind The Lines” e l’orecchiabilissima “I Missed Again” – entrambe arricchite dal contributo della sezione fiati degli Earth, Wind & Fire – ma anche di lasciare affogare chi chiede aiuto (Well, if you told me you were drowning/I would not lend a hand), imperturbabile nel suo disprezzo per tradimenti e bugie (So you can wipe off that grin, I know where you’ve been/It’s all been a pack of lies).

Ma allora chi è il vero Phil Collins? Il formidabile batterista di alcuni tra i migliori album degli indimenticabili anni ’70? O è forse l’amabile ma tutto sommato innocuo autore della colonna sonora del “Tarzan” targato Disney? Oppure è il mostro che, con il trionfo commerciale di “Invisible Touch”, infangò definitivamente il nome del grande progressive rock, sacrificandolo sull’altare del profitto e dell’edonismo di stampo “’80s? Ai posteri l’ardua sentenza. Noi lo ricorderemo per sempre anche grazie a “Face Value”, un lavoro bello e maturo che ha lasciato un segno indelebile nell’evoluzione del pop moderno.

Data di pubblicazione:  13 febbraio 1981
Tracce: 12
Lunghezza:47:49
Etichetta: Virgin/Atlantic
Produttori: Phil Collins, Hugh Padgham

Tracklist:
1. In The Air Tonight
2. This Must Be Love
3. Behind The Lines
4. The Roof Is Leaking
5. Droned
6. Hand In Hand
7. I Missed Again
8. You Know What I Mean
9. Thunder And Lightning
10. I’m Not Moving
11. If Leaving Me Is Easy
12. Tomorrow Never Knows