Quando qualche anno fa si è sparsa la notizia che Ben Lanz dei Beirut e i fratelli Devendorf dei The National avevano registrato un album insieme molti addetti ai lavori hanno gridato al miracolo, aspettandosi grandi cose da un trio e che dopo l’incontro del 2011 a Auckland si era riunito in una chiesa di Cincinnati (Ohio) registrando l’esordio omonimo in soli due giorni. Le lunghe jam di “LNZNDRF” erano a loro modo sorprendenti: un misto di kraut rock con punte psichedeliche volutamente poco rifinito, basato sull’improvvisazione.
Il secondo capitolo dell’avventura LNZNDRF vede in aumento la quota Beirut con l’ingresso di Aaron Arntz e un suono che diventa più morbido man mano che passano i minuti e l’atmosfera si scalda. Il punto di partenza sono sempre improvvisazioni ma più definite con la psichedelia stella polare fin dalle prime note di “The Xeric Steppe”, cavalcata di ben otto minuti che sembra uscita da un disco dei Moon Duo.
Sonorità mai spinte all’estremo che non mettono a disagio Lanz, Arntz e i Devendorf e rendono “II” un disco più melodico e vicino alla forma canzone rispetto all’esordio. Equamente diviso tra brani lunghi e brevi, l’anima sfrenata di “Chicxulub” bilanciata dalle armonie di “Brace Yourself” e “You Still Rip”, l’impeto space rock di “Cascade” e “Ringwoodite” compensato da “Gaskiers” con un vocoder molto à la “Video Killed The Radio Star”.
Mondi che raramente s’incontrano (solo nella conclusiva “Stowaway”) ed è un vero peccato, il difetto maggiore di questo secondo album. Non manca certo il talento ai LNZNDRFma l’impressione è che il loro approccio sia giocoso più che serio, un omaggio a stili musicali che amano senza rivoluzioni e col pericolo del già sentito sempre dietro l’angolo.