Venticinque anni fa veniva pubblicato “Emperor Tomato Ketchup”, l’album che segnava l’apogeo artistico dagli Stereolab, quello in cui dopo anni di traiettorie e divagazioni sembravano essersi allineati perfettamente i loro tanti rimandi e i tratti già  distintivi, in un momento topico del loro percorso.

Da sempre un gruppo poco incline a essere catalogato (e in parte compreso) gli Stereolab di Laetitia Sadier e Tim Gane giungevano infatti a compimento di una forma canzone sempre assai creativa e sfuggente ma allo stesso tempo, quasi come per magia, finalmente alla portata di un pubblico piuttosto trasversale, pronto com’era a lasciarsi incantare dal fantastico connubio di pop, avanguardia, easy listening (con cenni di french-touch ante litteram) e un’ elettronica cara a un mondo apparentemente agli antipodi come il kraut-rock.

Il tutto fu possibile e reso istantaneamente credibile dalle performance dei nostri, qui progrediti fino a lasciare in dote un lavoro dalle spiccate potenzialità  commerciali, basti pensare al delizioso singolo “Cybele’s Reverie” (dove gli intrecci vocali di Laetitia con l’australiana Mary Hansen sono già  assurti a marchio di fabbrica), o alla saltellante e ondivaga “Percolator” che la segue in scaletta, laddove l’apertura era stata invece affidata alla dilatata e fluida “Metronomic Underground”, di tutt’altra fattura con le sue sofisticate digressioni elettroniche.

Il bello di questo disco è che si può passare dalle solide citazioni retrò-futuristiche di “Tomorrow Is Already Here” alle plasticose giravolte della title track (che viene immediatamente dopo) e avvertire lo stesso una matrice comune importante, una coesione di fondo che rende il tutto omogeneo.

Ovunque si avverte un’anima fortemente cosmopolita, che non fa appartenere il gruppo a nessun luogo geografico preciso, e medesima considerazione la possiamo applicare alla sfera musicale, con l’album in questione che non segue nessuna coordinata definita e circoscritta a un’epoca, tantomeno quella che stavano vivendo, dominata da rimasugli grunge, l’ingresso del britpop, l’esplosione mainstream dell’hip hop e il proliferare di effimere boyband.

Gli Stereolab hanno sempre proseguito su una propria strada certamente originale e rappresentativa in egual misura dell’allegra brigata formata attorno al nucleo originario: ecco quindi che la già  citata Hansen saprà  imporre in modo naturale la sua multiforme personalità  e il suo cristallino talento, diventando il perfetto contraltare della Sadier che con Tim fungeva da mente creativa e catalizzatrice di idee e spunti.

L’album a distanza di cinque lustri risulta ancora assai gradevole all’ascolto, anche in brani apparentemente minori che suonano tutt’altro che datati: mi riferisco nella fattispecie alla cantilena onirica di   “Spark Plug” o alla fascinosa “OLV 26”, dai cenni psichedelici e spaziali, fino a una “Monstre Sacre” che, a dispetto della tetra tematica, rapisce il cuore ammaliandolo di suggestioni.

La forza del disco sta evidentemente nella somma delle sue parti, ed è difficile (e probabilmente ingeneroso) andare a ricercare il pezzo forte, estrapolandolo dal contesto.

La band con “Emperor Tomato Ketchup” colse quindi i primi frutti di tanta perizia artistica e di una ricerca musicale iniziata agli albori dei nineties, spingendosi poi occasionalmente sul lato pop fino a raccogliere l’agognato successo di pubblico; nel farlo però non verranno mai tradite le istanze primigenie che ne hanno fatto accrescere in maniera incondizionata negli anni un autentico culto.

Data di pubblicazione: 9 aprile 1996
Tracce: 13
Lunghezza:  57:15
Etichetta: Duophonic Records/Elektra
Produttore: John McEntire, Paul Tipler, Stereolab

Tracklist
1. Metronomic Underground
2. Cybele’s Reverie
3. Percolator
4. Les Yper-Sound
5. Spark Plug
6. OLV 26
7. The Noise of Carpet
8. Tomorrow Is Already Here
9. Emperor Tomato Ketchup
10. Monstre Sacre
11. Motoroller Scalatron
12. Slow Fast Hazel
13. Anonymous Collective