Due decadi orsono esordì ufficialmente la band britannica degli Elbow e con loro uno dei migliori debutti degli anni duemila. Infatti, la compagine di Bury, Greater Manchester – formata dal vocalist e chitarrista Guy Garvey, da Craig Potter (tastiera, piano, cori), Mark Potter (chitarra, cori), Pete Turner (basso, cori) e dal batterista Richard Jupp (successivamente sostituito da Alex Reeves ) – con “Asleep in the Back” ha fatto centro al primo colpo piazzando un grandioso full-length che ha dovuto farsi strada nell’ondata post brit-pop formata dai Coldplay, Travis e amici vari.

L’opera prima degli Elbow (che significa “gomito”, nome che è stato scelto, pare, perchè l’attore Michael Gambon in un episodio della serie televisiva “The Singing Detective”, trasmessa su BBC One nel 1986, affermò che elbow è “la più bella parola della lingua inglese”) è qualcosa che ancora oggi risuona come immutabile, etereo nonostante il suo incedere introspettivo, a tratti oscuro e sofferto ma anche coraggioso e temerario, considerato il momento storico nel quale è collocato.

Prodotto dagli stessi Elbow con il sapiente aiuto di Danny Evans, Steve Osborne (Suede, New Order, Elbow, Placebo, Starsailor, Doves) e Ben Hillier (Depeche Mode, Blur, Doves, Echobelly, Suede), “Asleep in the Back” si porta dietro ovvi paragoni con i loro compaesani Doves, i quali l’anno prima esordirono con quell’incrdibile “Lost Souls” accompagnati alla cabina di regia proprio dalla coppia di produttori Osborne e Hillier.

In realtà , questa spettacolare “gemma carbonado” brilla di luce propria introdotta dalla magnetica, seducente melodia della traccia apripista “Any Day Now”, una malinconica ed accorata esperienza che insieme alla psichedelica “Coming Second” ed alla cantilenante “Little Beast” formano il trittico angoscioso del disco.

Il quintetto inglese, in tutti i dodici episodi di “Asleep in the Back”, sprigiona una sequenza perfetta di arrangiamenti sublimi, incastonati in brani senza tempo e spazio che trascinano in una dimensione ultraterrena: l’incalzante pianoforte di “Red”, l’atmosfera surreale di “Cant’t Stop” di Catherine Wheel memoria e, soprattutto, le ammalianti note del capolavoro assoluto “Powder Blue” – dove la rugosa voce di Garvey evoca le corde vocali di quel Peter Gabriel – dimostrano che gli Elbow sono di altra caratura, almeno con questo album.

Ed è proprio Garvey, in effetti, l’elemento caratterizzante dei brani, capace di ergersi nei momenti più toccanti come nei sette miracolosi minuti del cupo singolo “Newborn” o nella delicata e celestiale title track, ma anche di virare in atmosfere sommesse come nell’inquiete note di “Don’t Mix Your Drinks” ovvero nella deliziosa e commovente ballata pop “Scattered Black and Whites”, un brano a dir poco meraviglioso a cui è affidato il compito di chiudere il debutto della band macuniana.

“Asleep in the back” è un album dal ritmo contenuto che accompagna in sottofondo le bellissime note che ogni brano è capace di esprimere, senza eccessi, senza sbalzi irrequieti o ingiustificati, ma con tanta eleganza e raffinatezza in quello che è definitivamente e senza dubbio una pietra miliare.

Pubblicazione: 7 maggio 2001
Durata: 61:41
Dischi: 1
Tracce: 12
Genere: alt-rock, art-rock
Etichetta: V2 Records
Produttore: Steve Osborne, Ben Hillier, Danny Evans, Elbow

Tracklist:
1. Any Day Now
2. Red
3. Little Beast
4. Powder Blue
5. Bitten by the Tailfly
6. Asleep in the Back
7. Newborn
8. Don’t Mix Your Drinks
9. Presuming Ed (Rest Easy)
10. Coming Second
11. Can’t Stop
12. Scattered Black and Whites