Il terzo episodio non potevo che dedicarlo ai Gene, quando mi imbattei in loro guardando il video di “Haunted By You” mi prese un colpo e mi precipitai a comprare l’album, sperando di non ricevere la stessa delusione avuta acquistando a scatola chiusa “Pablo Honey” dei Radiohead, qui era stata “Creep” la trappola di un album che trovai allora abbastanza piatto, a parte qualche brano.

Per l’esordio dei Gene non fu così, quando vidi la copertina di “Olympian ” mi prese un colpo, ecco gli eredi degli Smiths pensai.

Lo so che l’accostamento non era gradito a Martin Rossiter, che in particolare non gradiva il fatto che molti vedessero in lui così tanti accostamenti a  Morrissey, non gradiva ma era abbastanza  naturale farli e quando poi lo abbiamo conosciuto meglio negli anni successivi, scopriremo anche lati del suo carattere simili al nostro vecchio caro amico Moz.

Intervistato da Jon Wilde per sabotagetimes.com diversi anni fa dichiarò :   « Mi sono piaciuti molto gli Smiths. Fin dalla tenera età , avevo sempre sentito un senso di diversità  e, per me, gli Smiths erano la manifestazione musicale di quella diversità . Mi piaceva il fatto che Morrissey usasse il linguaggio in un modo molto diverso da qualsiasi altro cantante dell’epoca. Morrissey ha proiettato una lunga ombra ed è diventato una specie di ombra da cui non sono mai riuscito a liberarmi del tutto. Mi sono stufato dei paragoni perchè il suo nome continuava a venire fuori ogni volta che si scriveva su Gene. I paragoni sono emersi perchè, come Morrissey, canto con un accento inglese che è sorprendentemente raro se ci pensi. Come Morrissey, canto con un vibrato. Suppongo che entrambi abbiamo un interesse per la condizione umana. Ma, per quanto mi riguarda, finisce qui. ».

Finiamola pure qui ma direi che è già  abbastanza.

Comunque del loro esordio non rimasi deluso, anzi erano subito diventati il mio piccolo tesoro, il mio anello di Durin.

La frase

In una intervista radiofonica per la BBC, Martin Rossiter dichiarò : “Volevo evitare che gli spettacoli dei Gene diventassero eventi puramente nostalgici”.  

La frase descrive il pensiero che determinò la voglia di chiudere il progetto, forse è stato il vero motivo o magari la scelta è stata determinata da più motivi, che coinvolgevano la band e una stanchezza creativa dello stesso Martin.

Vari episodi ci fanno pensare a una certa tensione mai rientrata tra i componenti della band, varie dichiarazioni rilasciate negli anni soprattutto da Rossiter erano in un certo qual modo lapidarie: «Sono sicuro che ora sarebbe il momento giusto per riformare i Gene, ma preferirei mangiare il mio pene, fritto, con lo scalogno. » (Martin Rossiter   intervistato da Marc Burrows 19 novembre 2012), solo per fare un esempio.

Il caso più emblematico e singolare si sarebbe dovuto verificare il 13 giugno 2020, in occasione della serata celebrativa della carriera musicale di Martin Rossiter nel quale annunciava il suo ritiro dalle scene (il concerto è stato rimandato causa pandemia).

Tutti invitati? Si certo tutti, meno gli altri componenti dei Gene.

Per chi vuole approfondire troverete l’articolo scritto per l’occasione dal nostro Riccardo Cavrioli qui.

La fine

La loro fine avviene con il famoso concerto al London Astoria il 16 dicembre del 2004, l’ultimo di una serie sempre sold out.

Martin Rossiter dichiarerà  che a convincerlo a porre fine alla band sarà  non tanto il seguito di pubblico, che era ancora ben presente, ma la consapevolezza che in fondo la loro storia si basava essenzialmente sui loro primi due lavori.

Non voleva trasformarsi in un artista che portava in giro il suo passato e basta.

Nella decisione presa peserà  lo scarso successo di “Revelations” e “Libertine”, ma a mio avviso resta una decisione incomprensibile e che forse nascondeva anche incomprensioni personali tra i membri della band, anche se mai apertamente dichiarate, una fine determinata dalla complessa personalità  del front-man e non sarà  una scelta, come avvenuto in molte altre band sciolte, del desiderio di affermarsi come solista, visto la poco incisiva e impalpabile produzione artistica successiva di Martin.

La band lascerà  quattro album come gli Smiths, una fine causata dalla complessa personalità  del front man come per gli Smiths, anche se come vedremo le responsabilità  di Morrissey saranno decisamente inferiori, un’ assoluta e incolmabile distanza tra i componenti della band come per gli Smiths, una sensazione di qualcosa di incompiuto come per gli Smiths, ma per favore non accostate le due band che qualcuno potrebbe risentirsi.

La speranza di una reunion è stata sempre presente tra i fan ci penserà  Martin Rossiter a togliere ogni dubbio con assoluta fermezza, facendo anche saltare i nervi ai vecchi compagni di band.

After the end

Martin Rossiter : Voce

Rossiter non ha avuto una vera e propria carriera solista, interrotta l’esperienza Gene resterà  a lungo inattivo e non pubblicherà  nulla.

Parteciperà  come componente della band Call Me Jolene insieme a Sophie Pointer, Chris Wright and Travis Oliver, pubblicando l’Ep “May” nel 2013 e un paio di singoli negli anni successivi.

Nel video promozionale ad un certo punto compare anche Martin Rossiter, il pezzo non era neanche male ma la band non decolla.

Il 3 dicembre 2012 per l’etichetta Drop Anchor Music, pubblica il suo primo e unico album solista “The Defenestration of St. Martin”, nonostante recensioni positive e un lungo tour promozionale passa abbastanza inosservato.

Scritto al pianoforte, riascoltandola oggi riaccende il rimpianto per una carriera che poteva regalarci altre perle, come questa “Drop Anchor” che all’epoca fu scelta come  singolo.

Si attende il concerto di fine carriera che citavamo sopra che, a quanto dice lo stesso Martin, segnerà  la definitiva chiusura dal mondo della musica (avevamo dedicato un nostro articolo con delle perplessità  in merito).

Steve Mason : chitarra

Steve Mason  non ha avuto una vera e propria carriera post Gene oggi lavora nel settore farmaceutico, non gli piace molto ma guadagna bene.

Kevin Miles  : Bass

Kevin Miles vive  nel Lincolnshire dove svolge l’attività  di insegnante di musica.

Matt James  : Drums

“Sono sicuro che potremmo tornare e fare uno spettacolo ragionevolmente grande, ma Martin non ci parla davvero in questi giorni. Non sono sicuro del perchè, non abbiamo mai litigato davvero…parlo molto con Kev e Steve. Steve viene a casa mia abbastanza spesso. Ma Martin è in qualche modo passato a un’altra parte della sua vita.”

Matt è diventato un commerciante di vini e vive fuori Londra, rifornisce locali a Camden, non ha chiuso del tutto con la musica, anzi, lo si vede ancora imbracciare la chitarra e piazzare qualche perla, più per divertimento che altroo. Siamo sicuri che, in cuor suo, vorrebbe ancora a tornare a suonare seriamente, magari in una reunion dei Gene.

Reunion

Nel gennaio 2008, quattro anni dopo lo scioglimento, i Gene al completo sono tornati nuovamente su un   palco per la festa per i cinquanta anni del loro ex manager Jerry Smith.   In quell’occasione hanno eseguito cinque canzoni al mitico 100 Club di Londra: “Be My Light, Be My Guide”, “For The Dead”,  “Where Are They Now?”,  “London, Can You Wait?”  and  “Olympian”.

Da allora più nulla, come ampiamente già  detto si può tranquillamente parlare dei   Gene come un progetto del passato, e anche se ogni tanto qualche fan si illude e nella musica abbiamo visto di tutto, direi che ormai possiamo ritenere che questa band non la vedremo più live: avevamo fatto un articolo in merito al fatto di come, per un attimo la reunion sembrava fatta, ma ci si sbagliava di grosso (L’ultimo valzer).

Nel prossimo episodio :

aaaaaa

S1 E4 : The Clash, per un pugno di dollari

<< Un giorno è bello, quello dopo è nero
Perciò se mi vuoi fuori dai piedi
Avanti, fammi capire
Dovrei andarmene o restare?>>