Formatisi nella nativa California nell’ormai lontano 2000, i We Are Scientists pubblicano ora questo loro settimo album, che arriva a distanza di tre anni e mezzo dal precedente, “Megaplex”.
Scritto interamente prima dell’arrivo della pandemia, il disco è stato registrato e prodotto dalla stessa band di stanza a NYC nel loro piccolo studio di registrazione durante i primi mesi di lockdown: “E’ stato un rifugio”, hanno spiegato Chris Cain e Keith Murray, aggiungendo che poter andare allo studio “è stato un sollievo invece che un compito noioso”.
“You’ve Lost Your Shit” ci lancia subito ad alta velocità nella loro autostrada in cui siamo ben lieti di poter tornare a viaggiare: impossibile resistere alle loro deliziose e potenti melodie chitarristiche dai ritmi frenetici e ai loro cori incredibilimente catchy.
In “I Cut My Own Air”, invece, sono beat funky e un basso pulsante a disegnare l’anima del pezzo, prima dell’esplosione di un coro ancora una volta degno di nota e gradevolissimo.
In seguito “Just Education” suona riflessiva e anche malinconica, ma non manca di un ritornello che ci sa attrarre sin dal primo ascolto, mentre nella seconda parte dei suoi quasi quattro minuti riesce a variare grazie all’uso di synth e percussioni.
“Fault Lines”, invece, ha un sound più sporco con quel suo basso fuzzy e quei suoi imponenti riff di chitarra, ma anche qui la melodia del coro è vincente, mentre “Bought Myself A Grave” inizia con toni country-folk per poi fare uso dell’elettronica spostandosi verso territori dancey.
Senza risultare particolarmente innovativo, “Huffy” suona comunque fresco, melodico e brillante e sembra avere riportato i We Are Scientists verso quella brillantezza dei primissimi album: divertirsi in mezzo al loro mondo colorato e frizzante a questo punto diventa un dovere e un diritto. Ben ritrovati Chris e Keith!
Credit Foto: Stuart1000, Public domain, via Wikimedia Commons