Esordio per questo combo vicentino, in realtà capitanato da musicisti ben noti all’underground metal italico. Un nome nuovo che porta una ventata di freschezza grazie ad un sound che coniuga in maniera efficace ed armoniosa classicità e spunti modernisti.
Un lavoro solido che si caratterizza da rocciosi ma mai monotoni riff , con un incessante lavoro ai fianchi da parte della sezione ritmica, il tutto accompagnato dal carisma della frontam Francesca Battistini.
I brani presentano un minutaggio totale perfetto per un’uscita discografica di questo tipo senza inutili fillers e stantie lungaggini, in cui viene con grande efficacia fotografato ciò che dovrebbe essere oggi un disco di metal moderno, in cui, in realtà , si abbracciano tre decadi di metal classico, oltre a molti spunti di scuola thrashcore, il tutto con ampi dosi di melodia che rendono trionfalmente catchy la maggior parte dei brani.
L’anima del sound che sembra essere ben rappresentata dal riflesso stesso dell’iconografia della copertina, scontro ideale tra bianco e nero, vita e morte, melodia e metal.
Nessuna caduta di tono, quindi, nemmeno con la ballad posta in chiusura, che anzi arriva a suggello di un disco con una produzione davvero sfavillante.
Lasciatemi fare un paragone, rischioso ma tutt’altro che fuori contesto: se cercate gli Alter Bridge italiani, con meno velleità alternative e più potenza, beh, eccovi serviti.