Seconda prova sulla lunga distanza per la band degli Ist Ist dopo l’ottimo debutto “Architecture” del 2020. Questo nuovo “The Art of Lying”, ennesimo esempio di album nato durante il lockdown, riprende esattamente le fila tracciate dalla precedente esperienza mostrando, dunque, un chiaro mood votato alla coerenza di quanto fatto sinora dal collettivo macuniano.
Il solido e sincero post-punk portato in dote dal quartetto di Greater Manchester – composto da Adam Houghton (chitarra e voce), Mat Peters (chitarra e sintetizzatori), Andy Keating (basso) e Joel Kay (batteria) – non poteva non mostrare le sue tinte di tipica derivazione di Joy Division memoria, soprattutto nelle sue declinazioni contemporanee caratterizzate da una pletora di band di genere.
Non sorprende, quindi, come i dieci brani di questo sophomore si attanaglino al sound di sponda Birmingham degli Editors presente negli ottimi momenti di “Watching You Watching Me”, “It Stops When It Starts” e nella corposa linea di basso di “Fat Cats Drown In Milk” ma anche in momenti provenienti oltre oceano laddove echi dei newyorkesi Intepol di Paul Banks si mostrano nelle convincenti “If It Tastes Like Wine” e “Middle Distance”.
E sebbene l’album si concede un apertura soft con la meravigliosa livrea ipnotica di “Listening Through the Walls” sono gli intermezzi più vigorosi quelli in cui si sente di più la mano degli Ist Ist che si materializzano dapprima nell’infusione di post-rock della caotica “The Waves”, a mio avviso la migliore, e poi nella decisa “Extreme Greed” dotata di un chorus irresistibile, nella quale poter udire i White Lies di Harry McVeig.
La cupa e nostalgica “Heads on Spikes” e le delicate note di piano della traccia di chiusura “Don’t Go Gentle” aggiungono un tono caratterizzante al collettivo britannico che pur non contribuendo alla nascita di un nuova declinazione di post-punk, riescono a dargli lustro mescolandolo con perle di elettronica accattivanti e seducenti.