Sempre un piacere ritrovare i Letting Up Despite Great Faults, guidati ovviamente da Mike Lee, anche perchè ormai erano fermi ai box da un po’ troppo tempo e noi, amanti del dream-pop, ne sentivamo la nostalgia. La band torna con questo nuovo album e la bilancia sonora sembra propendere decisamente per la chitarra rispetto ai synth. Non è un mistero che i Letting abbiano spesso guardato ai New Order come punto di riferimento, andando poi a rendere più oniriche le loro trame, ma questa volta è la proprio la chitarra che diventa l’elemento principale per segnare la via melodica nel brano, con synth e lieve elettronica che giocano a completare il tutto: la cosa non ci dispiace affatto.
Fermo restando questo spostamento di focus strumentale, che a tratti rende il sound della band anche più rumoroso del solito, la scrittura è sempre felice, capace com’è di evocare tanto i Cure o certe magie di casa Jackson Philips. Quando il ritmo si alza arrivano perle incalzanti come “New Ground” o “Gorgeous”, ma non mancano nemmeno momenti più pop, dove sottili trame tra il dreamy e il jangly ci catturano all’istante. Anche quando l’atmosfera si fa più onirica e avvolgente (“Tumble”) i Letting non perdono affatto il filo, arrivano alla fine dell’album senza alcun affanno, anzi, piazzando forse la canzone più bella proprio in chiusura, con quella “Self-Portrait” che pare uscire da un Robert Smith chiuso in cameretta, in versione shoegaze e lo-fi.
Bentornati ragazzi!