LINE UP – 18/08/2011
RACE STAGE: CLOUD CONTROL, YUCK, SCOTT MATTHEW, BOMBAY BICYCLE CLUB, CLUESO & BAND, THE NATIONAL, INTERPOL, BEADY EYE, SEEED
GREEN STAGE: FERTIG, LOS!, JAMIE WOON, MONA, TWO DOOR CINEMA CLUB, KELE, KAIZERS ORCHESTRA, HURTS, KAISER CHIEFS, THE KOOKS
WEEKENDER & PLINGG STAGE: A LINGUA FRANCA, DAHONK, THE FLIGHT OF APOLLO, THE KK, JAPANESE VOYEURS, THE HUNDREDS IN THE HANDS, MY JERUSALEM
RED BULL CONTAINER BASH: BODY & SOUL B2B DISAZT, NERO, DJ FRICTION, CAMO & KROOKED, ILL.SKILLZ
UAF FLOOR: CHASE & STATUS LIVE, THE IAMX NOISE CABINET, SUBFOCUS LIVE, A-TRAK, WRED
REDBULL BRANDWAGENSTAGE: SWEET SWEET MOON SET1, SWEET SWEET MOON SET2, FRANCIS INT. AIRPORT SET1, FRANCIS INT. AIRPORT SET2

INTRO
Quest’anno serviva un festival ad agosto e di scelta non ce n’è molta. Quindi? Quindi quest’anno si va al Frequency Festival in Austria, in un paesello non propriamente vivo a una settantina di chilometri da Vienna. Non ha la line up del secolo, è evidente (i tempi morti saranno molti), e non ha nemmeno l’organizzazione del secolo, come avremo modo di constatare in un paio di occasioni. La prima delle quali non tarda ad arrivare. L’addetta alla cassa accrediti è una ragazza che non sa l’inglese e non trova i nomi di molta della gente in coda (il mio, per fortuna, lo trova subito), generando un’ondata di livore palpabile.

FM4 FREQUENCY FESTIVAL DAY ONE
Una volta dentro, vivo il peggior impatto con un festival: la location è, fondamentalmente, orribile. Niente prati dove svaccarsi felici, poche zone d’ombra, sassi, asfalto. Però c’è una meravigliosa sala stampa dotata di wi-fi e dove una birra costa 2,50 euro contro i 4,50 (+1 di cauzione per il bicchiere) che si spenderebbero fuori: ci piace tantissimo. Ma parliamo di cose serie. I primi a salire sul palco (il principale, che qui chiamano Race Stage) sono i Cloud Control. Li vedo per la terza volta nel giro di quattro mesi e il cantante è sempre vestito uguale. Hanno a disposizione una mezz’oretta in cui confermano di essere una band valida (dopo l’ottima impressione al Great Escape Festival di Brighton e a Milano quando hanno aperto per gli Arcade Fire), che sa un po’ di Local Natives, con buone melodie, leggeri come il pop deve essere e i con suoni puliti. Dopo di loro, e dopo un velocissimo cambio palco, è il turno degli Yuck, altra band pop il cui disco d’esordio ha catturato l’attenzione di molti. Davanti a loro, sotto un sole cocente, ci sono poche decine di persone, attente e partecipi. Sono giovani, questi ragazzi, ma hanno già  una considerevole esperienza e le loro canzoni hanno un’ottima resa live, soprattutto i pezzi forti “Get Away” e “The Wall”.

Siamo giovani, abbiamo birre che costano poco, tanto amore per tutti e siamo convinti che i Mona suonino alle 23.30 sul Weekender (un palco piccolo, ubicato in quella che sembra una palestra di una scuola elementare). Oh, non immaginiamo nemmeno quanto ci stiamo sbagliando. Già , perchè mentre ascoltiamo beati l’ottima performance di Scott Matthew sul Race Stage, i Mona stanno suonando all’insaputa di tutti sul Green Stage (il secondo palco). Eccolo, il secondo episodio di pessima organizzazione. Dovevano esserci i Vaccines che hanno annullato un giorno prima dell’inizio del festival e nessuna notizia di una sostituzione all’orizzonte. Nessun aggiornamento dei vari social network, nessuna notizia sull’app del festival, niente di niente. Se non un fogliettino volante in sala stampa che no, non era abbastanza visibile. E va bene, Scott Matthew è meraviglioso, ha una voce intensa e sicura, passa dalla chitarra all’ukulele e anche se il contesto in cui sta suonando non è quello che più gli si addice è impossibile non restare folgorati da quelle canzoni allo stesso tempo delicate e potenti, ma noi un po’ i Mona volevamo vederli. Perfetti per il cazzeggio da festival, per saltare e sudare. E invece scopriamo del cambio orario quando ormai è troppo tardi e non riusciamo a sentire nemmeno una canzone. Grosso disappunto e grosse maledizioni nei confronti di un’organizzazione che il primo giorno ha fatto una pessima figura.

Ci guardiamo intorno, adesso dobbiamo scegliere tra Bombay Bicycle Club e Two Door Cinema Club. Non è una scelta per cui strapparsi i capelli per l’indecisione o per la paura di perdere uno dei due. Siamo al Green Stage e no, non ci spostiamo, che Two Door Cinema Club siano. Visti l’anno scorso a Glasto e l’opinione non cambia di una virgola. Non sono eroi, non hanno canzoni che cambiano la vita, ma sono in grado di riproporle come si deve, di far divertire e gli austriaci per i singoloni escono pazzi. Certo, forse a questo giro il loro set è un po’ troppo lungo, dato che più volte sorge spontanea la domanda ma questa non l’hanno già  suonata?. Suonano per cinquanta minuti, alla fine dei quali si ritorna al Race Stage, per il semplice fatto che Kele (di scena dopo i Two Door Cinema Club) non vogliamo vederlo nemmeno per sbaglio.

Sul palco principale c’è Clueso & Band, un artista tedesco che ascoltiamo da lontano, un po’ scettici, ma che in realtà  la sa lunga. Si districa tra diversi generi: passa dal pop, al rap, al reggae ed è bravo in tutti. Il problema è che canta in tedesco, forse la lingua meno musicale del mondo, ma non è così stupefacente il fatto che il pubblico vada in delirio per lui. Lascia il palco dopo cinquanta minuti portandosi via anche il numerosissimo pubblico, di modo che noi riusciamo ad arrivare nelle prime file per i National. I National, sì, ancora una volta ed è incredibile come riescano sempre a piegarmi da un punto di vista emozionale. Iniziano a suonare e potrebbero suonare qualsiasi cosa: lo fanno in maniera talmente perfetta che sono brividi ovunque e lacrime agli occhi. Suonano per un’ora e l’intensità  delle loro canzoni è quasi da denuncia. Suonano le solite note, da “Mistaken For Strangers” a “Mister November”, da “Fake Empire” a “Bloodbuzz Ohio” e in più piazzano lì “Available”. E ogni volta è come se fosse la prima e si aggiudicano a mani basse il premio di miglior concerto della giornata.

Mi allontano alla fine del loro concerto, faccio un salto in sala stampa per una birra e trovo un Ricky Wilson vistosamente distrutto, stanco e sembra anche un po’ triste. Ho un brutto presentimento per il concerto dei Kaiser Chiefs. Nel frattempo sul main stage ci sono gli Interpol, band insopportabile da due dischi a questa parte, ma che -impossibile negarlo- suona benissimo. Non so chi sia questo bassista tanto bravo, quanto esteticamente fuori luogo e non concepisco le canzoni nuove, ma quelle vecchie”… signori, tanto di cappello per i pezzi vecchi e per “Obstacle 1” in chiusura. Non manca molto alla fine della prima serata, considerando che non c’è un headliner degno di tale nome. Recupero alcuni amici e ci fermiamo per un po’ al main stage per qualche minuto di Beady Eye, non so perchè, ma avere lì Liam Gallagher e fare finta di niente, ci viene difficile. Si sa, i Beady Eye non hanno numeri incredibili, ma sfido chiunque a dire che quella band non sappia suonare. Sono di una precisione spaventosa e anche la voce di Liam si comporta bene. Non c’è niente di nuovo o di rilevante da riportare, fanno il loro compito. Ci fermiamo per quattro pezzi, il tempo di sentire “Millionaire” e “The Roller” e via, verso il Green Stage per i Kaiser Chiefs.

Eccolo, il brutto presentimento che avevo non era immotivato. I Kaiser Chiefs vivono di rendita grazie ai loro singoloni e dal vivo è tutto sulle spalle di Ricky Wilson, che purtroppo questa sera è spento e il concerto è a tratti imbarazzante. Ricky non ha voce e fa cantare un pubblico che non è così esaltato. è irriconoscibile: non si muove e non si scatena, tenta di arrampicarsi sull’impalcatura a lato palco, ma non ce la fa. Aggiungiamoci che le canzoni nuove sono debolissime e che l’idea di far cantare il batterista (stonato e con un timbro vocale tendente al ridicolo) non è del tutto brillante e ne esce il peggior concerto dei Kaiser Chiefs a cui abbia mai assistito. è facile divertirsi con “Modern Way”, “Ruby”, “I Predict A Riot” e “Oh My God” e noi ci divertiamo tantissimo, ma la band stasera proprio non c’è.

Torniamo verso il main stage, dove si sta riversando tutto il pubblico austriaco, per i SEEED, headliner della serata. Sono una band tedesca che proprio non riusciamo a sopportare e decidiamo di mollare il colpo alla prima canzone, ignorando anche tutti i djset più o meno tamarri del Night Park. Sentiremo gli echi della loro performance per tutta la camminata fino all’albergo (circa 3 km), mentre ci chiediamo come facciano a essere così osannati e come reagirebbe il pubblico di San Siro di fronte a un volume del genere, che a volte sembra essere davvero troppo.

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