La nostra esclusiva di oggi è particolarmente gradita, visto che i bresciani Il Diluvio sono sui nostri radar già da tempo. L’album “When the time is right” è atteso il 13 maggio, ma noi possiamo già proporvi l’anteprima oggi.
Piove a dirotto. Cadono dal cielo gocce cariche di delay, accordi scrocianti che battono su un fondo di ritmiche robuste e melodie incisive seppur soffuse. Sotto un cielo notturno e denso di energia stellare è il momento giusto per liberare nell’aria i dieci brani del disco di debutto de Il Diluvio, un album che dà seguito sonoro e filologico al discorso cominciato con i due precedenti ep (“Il Diluvio” del 2017 e “Frail Skies” del 2018) e dimostra quanto la band sia maturata in un lustro.
Come ci dicono le note stampa, Il Diluvio si presenta al lancio dell’LP d’esordio con lo spirito di chi ha affrontato sentieri tortuosi, strade sconnesse e complesse. L’atollo pacifico su cui ora sembrano approdati è, in verità , in pieno tumulto emotivo.
I paesaggi sono turbati dalla malinconia e da una maggiore consapevolezza: ciò che un tempo funzionava in
perfetta armonia deve fare i conti con meccanismi che ora sono cambiati.
Abbracciare l’alterità non è più fonte di sollievo, quanto piuttosto un’occasione per constatare che gli incastri
non combaciano più.
Sempre in bilico tra tradizione e innovazione. La scrittura de Il Diluvio è sofisticata, percorsa da guizzi inattesi, che sanno stupire e accogliere familiarmente l’ascoltatore. Un’attitudine progressiva in grado di arricchire con naturalezza e personalità il catalogo de Il Diluvio.
“When the time is right è sintesi e riconferma del nostro modo di fare musica: sempre fedele a se stesso,
assolutamente naturale, privo di qualsiasi forzatura – spiega la band -. Tutto scorre spontaneo, asciutto, diretto,
emozionante. è un disco visivo che disegna paesaggi lunari, galassie sconosciute, sonorità eteree e che esprime
appieno quel che siamo diventati“.
Il disco è stato interamente registrato e mixato al Mag Brothers Studio di Brescia. Al banco di
regia hanno lavorato Jury e Kevin Magliolo, mentre il master è firmato da Daniele Salodini del Woodpecker
Mastering Studio.
Alla luce di questa importante uscita ci piaceva anche scambiare due chiacchiere con la band…
Ciao ragazzi, allora, come state? La band è nata nel 2016, ma solo ora si arriva all’esordio. Non si può certo dire che abbiate avuto fretta, ma anzi, avete fatto le cose con calma. Quanto è “colpa” della pandemia e quanto c’è di vostro nel non voler affrettare i tempi?
Ciao! Noi stiamo bene e siamo super carichi per l’uscita del nostro primo LP che, intesa come pubblicazione ufficiale fatta “come quelli veri”, è l’album d’esordio, ma in realtà in questi anni abbiamo pubblicato diversi singoli e due EP (Il Diluvio e Frail Skies), quindi abbiamo chiaramente quella grande eccitazione da rilascio di un proprio lavoro, anche se l’abbiamo già provata prima d’ora.
Noi curiamo sempre molto tutti gli aspetti che riguardano il nostro lavoro e questo richiede tempo, ma inevitabilmente la situazione mondiale in cui ci siamo ritrovati ha complicato le cose e rimandato la possibilità per noi di lavorare a questo disco come avremmo voluto da subito.
Gli EP come punto di partenza…come il vostro approccio e il vostro mood sonoro sta cambiando nel corso degli anni?
L’approccio che abbiamo nei confronti della nostra composizione non è cambiato molto negli anni, siamo sempre noi, con le nostre personalità . Ciò che certamente non smette di evolversi è il continuo ascolto di tutta la musica possibile e di conseguenza le influenze che poi, inevitabilmente, finiscono in quello che fai.
Se all’inizio c’era forse un richiamo più tendente ad un certo tipo di prog, ora fa più capolino la corrente dream pop. Ma non vogliamo dare etichette a quello che facciamo, imponendoci di fare qualcosa in un genere specifico o in un altro.
Partirei dalla copertina del disco, sicuramente rappresentativa di quanto andremo a sentire, sbaglio?
è esattamente così! Avevamo in testa proprio questa ambientazione spaziale, eterea, in qualche modo desolante ma con allo stesso tempo un legame con il movimento incessante delle onde che troviamo soprattutto nella prima traccia “Like the Waves”.
Abbiamo contattato Bryan Olson, artista americano che ha realizzato copertine anche per i Delta Sleep, e lui è stato incredibile nell’applicare la sua tecnica del collage alle nostre suggestioni, centrando perfettamente il nostro flusso di pensieri e traducendolo in questa immagine molto evocativa di cui ci siamo innamorati a prima vista.
La vostra musica è liquida, atmosferica, quasi rassicurante e sembra “scontrarsi” in tempi come i nostri, tutt’altro che accoglienti. E’ però possibile chiudere gli occhi, ascoltare la musica e sentirsi lontano da quanto ci circonda. Io credo che la musica abbia ancora questa forza e album come il vostro ne sono la testimonianza. Che ne pensate?
Prendiamo questo come un enorme complimento!
Per noi è bellissimo quando chi ascolta ci riporta le proprie sensazioni, vuol dire che si è riusciti a comunicare i nostri sentimenti di quando abbiamo scritto il pezzo anche senza essere fisicamente presenti a raccontarli.
La cosa che poi sorprende ogni volta è scoprire come la stessa canzone possa suscitare immaginari e suggestioni diverse di persona in persona e questo ci arricchisce sempre, perchè ci fa vedere le cose da un punto di vista diverso dal nostro.
Ora che il disco è uscito quali sono i vostri progetti?
In questo momento per noi è fondamentale tradurre tutto ciò che esce dai solchi del nostro vinile in una performance dal vivo, con quel pathos e quel sudore che tanto ci sono mancati in questi anni!
Parallelamente non ci poniamo limiti nè scadenze precise, solo quella di cercare di continuare ad esprimere quello che abbiamo dentro nel modo che preferiamo, trasportandolo in musica in maniera diretta come sempre e che ci rende più completi.
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