Iniziamo dalla fine, dalle dirompenti esplosioni soniche che accompagnano “Mogwai Fear Satan”, lasciando il pubblico accorso all’Atlantico di Roma con il fiato sospeso, completamente rapito dalle trame strumentali della band scozzese. Avremmo voluto proseguire il nostro viaggio nei meandri del rock cosmico, mentre le canzoni del recente “As The Love Continues” si sgretolano, oltrepassando le limitazioni classiche della struttura-canzone e consentendo alle trame post-rock, intessute dalle chitarre e dalle tastiere, di costruire una nuova rappresentazione – più intimista e lisergica, più profonda e veritiera – della nostra stessa realtà .
Realtà che cede il posto al sogno che via, via prende consistenza materiale e assume il controllo dei nostri stessi pensieri, delle nostre percezioni e delle nostre emozioni, permettendo alle atmosfere mitologiche e intrepide dei Mogwai di focalizzarsi, di volta in volta, a seconda della narrazione sonora seguita dal singolo brano, su passaggi che possono essere più riflessivi e psichedelici, ma anche estremamente maestosi, energetici e veementi. Ed intanto i bassi, meno aggressivi e più equilibrati, rappresentano la bussola ritmica che ci consente di non sentirci smarriti dinanzi ai diversi, ignoti e caleidoscopici orizzonti che attirano l’attenzione dei nostri sensi increduli, facendo sì che la band intrecci e connetta i propri istinti più rumoristici e i propri stati d’animo più eterei con uno spettacolo definito, potente, intenso ed evoluto; uno show che sposa, alla perfezione, la turbolente indolenza e la mutevole instabilità dei nostri tempi moderni.
La seconda parte del concerto vince, alla fine, qualsiasi resistenza individuale, qualsiasi torpore radiofonico imposto alle masse assuefatte, qualsiasi passione temporanea e passeggera, dando libero sfogo alla magia creativa della band, mentre le paure e le ossessioni, che caricano, inevitabilmente, di nubi ostili il nostro futuro, diventano melodie astrali, meditazioni visionarie, sussurri onirici, echi, respiri e vagiti ancestrali, prima che il silenzio della fine si riveli, invece, essere l’urlo eroico e liberatorio di un nuovo, satanico, lucente e imprevedibile inizio.
Credit Foto: Rosy Dennetta