è successo. Sta succedendo. Per la prima volta, mi ritrovo a un concerto all’estero ““ e che concerto, aggiungerei.

Dopo una rapida occhiata alla line up, pare quasi un’ingiustizia che certi artisti come i CHVRCHES e i Twenty One Pilots si sovrappongano, ma c’è anche da dire che la varietà  dei nomi presenti a un festival comporta anche il dover scegliere. Noi di IFB, però, eravamo così affamati di live che abbiamo deciso di vivere un’esperienza itinerante, che ci ha portato a girare per tutto il parco, senza concentrarci particolarmente su qualche artista ““ nonostante avessimo i nostri occhi ben puntati su icone come i Placebo. E sapete cosa? Non avremo visto dall’inizio alla fine ogni singolo concerto, ma ci siamo portati nel cuore ogni minuto dei pezzi che siamo riusciti a vedere.

Il nostro itinerario è iniziato con Seasick Steve, musicista country e blues; con un’energia simile a 70 anni che farebbe invidia a chiunque, ha sicuramente saputo aprire il palco principale del festival con l’esatta energia che ci serviva. Ad un certo punto si ferma e presenta il suo nuovo disco, disponibile esclusivamente su vinile: una forma di protesta contro la musica di rapido consumo, contro un’industria che si ostina a basarsi sugli ascolti sulle piattaforme ““ nonostante portino solo a pochissimi profitti, se non inesistenti, e tantissime carriere rovinate. Nello stesso momento, su un palco decisamente più piccolo ““ ma non per questo meno importante ““ si esibisce (per la prima volta in Spagna, tra l’altro) Alec Benjamin con la sua inconfondibile dolcezza, che riesce a mantenere una splendida atmosfera anche con canzoni strappalacrime. Tenerissimo.

è la volta dei Wolf Alice: Ellie Roswell e Joff Oddie hanno un carisma tale da tenere ogni singolo spettatore in pugno, nonostante il sole cocente, la corsa tra un palco all’altro e le ore in piedi sul prato. Sono sicuri dei loro lavori, hanno energia da vendere, in live risultano decisamente più coinvolgenti che non in studio ““ non è un caso che grandissima parte delle date del loro tour sia già  sold out. Il loro amore per la musica dal vivo e per i presenti è tanto, così immenso che risulta quasi palpabile. Da tenere nel cuore il momento in cui miss Roswell inizia a cantare “Safe From Heartbreak (if you never fall in love)”. Brividi su brividi, con la pelle d’oca che si ostinava a rimanere ““ e no, non era nè febbre nè la brezza che a volte passava per ripararci dal caldo. Il 25 novembre 2022 torneranno a farci visita in Italia, e qualcosa mi dice che non vorremmo perdercelo per nulla al mondo.

Facciamo un salto dai Daytime TV, gruppo rivelazione della serata ““ non a caso una delle nuove proposte più interessanti del regno unito al momento. La loro è musica perfetta per i live, per ballare e scatenarsi il più possibile. Purtroppo i presenti al momento erano pochi, ma ci auguriamo aumentino sempre di più. Teneteli d’occhio, dopotutto da aprire per i Two Door Cinema Club (che tra l’altro vedremo domenica) sono finiti in uno dei festival più importanti e popolari di tutta Europa!

Ad un tratto ecco la luce, ci pare di sentire qualche nota di quell’inconfondibile britpop unito a glam rock: Brian Molko sale trionfante sul palco, accolto dalle grida dei fan in adorazione. “Sad White Reggae”, “Too Many Friends” e “For What It’s Worth” sono canzoni che non pensavo avrei mai avuto la possibilità  di sentire dal vivo, eppure eccoci qua. Trasportati da un secondo all’altro agli inizi degli anni 2000, in un battito di ciglia che avremmo voluto non finisse mai.

Iniziano i Metallica, su cui però ci soffermeremo dopo per riuscire a parlare di altri due spettacoli che abbiamo avuto il piacere di vedere, anche se in parte: Carly Rae Jepsen e Yves Tumor con la sua band.

La prima è ormai una principessa del pop, ben lontana dalla ragazza acqua e sapone, quasi ingenua, che abbiamo conosciuto anni fa grazie a “Call Me Maybe”: “Emotion” e “Dedicated” sono due album pop di tutto rispetto, e la presenza scenica di Carly non fa che confermarlo. Anche se per poco siamo entrati a far parte di un mondo tutto dance e zucchero filato, e ci piace esattamente così.

Di estetica totalmente opposta ““ ma non per questo meno apprezzabile, anzi ““ è stato lo show offerto da Yves Tumor e la band che l’ha accompagnato. Tra accenni al BDSM, rock sfrenato e interazioni tra Yves e il chitarrista Chris Greatti che certe band non riuscirebbero a immaginare neanche negli angoli più segreti e nascosti della loro mente. Assistere a tutto questo è stato un vero e proprio piacere per occhi, orecchie, corpo e anima.

Ed eccoci al momento più atteso di tutti, quello che ha fatto sì che più di metà  parco fosse pieno di persone con magliette dei Metallica. Più che di migliaia di fan riuniti con la band del cuore, possiamo parlare di una vera e propria famiglia (perchè alla fine è di questo che si tratta, come specifica il gruppo più volte). Immancabili pezzi iconici come “Enter Sandman”, “Whiplash” e “Master of Puppets” ““ particolarmente tornata alla ribalta grazie all’ultima stagione della serie TV “Stranger Things”. L’energia scorreva a fiumi, si respirava un’aria di gioia, adrenalina e inclusività  ““ come una festa in famiglia ma leggermente più affollata, insomma. Chiudono il concerto (lungo ben due ore, tra l’altro, ma comunque non abbastanza) fuochi e botti, in una maniera così spettacolare e grandiosa che solo un loro concerto avrebbe potuto offrire.

La serata termina con i Twenty One Pilots, anche loro offrendo una serata all’insegna del significato di amore, famiglia e importanza della musica ““ basti pensare a come più e più volte Tyler Joseph abbia citato in pezzi come “Lane Boy” o “My Blood” quanto la musica l’abbia letteralmente salvato dalla depressione, insieme all’amore incondizionato che riceve ininterrottamente dai fan. Non sono mancati momenti intimi intorno al fuoco ““ sì, parliamo proprio del Campfire medley, un momento che unisce cover di pezzi intramontabili come “Can’t Help Falling in Love” e “Home” a hit storiche della band come “House of Gold” e “We Don’t Believe What’s on TV”. Un concerto così liberatorio e completo che andrebbe visto da tutti almeno una volta nella vita.

Vi devo dire, ero un po’ scettica all’inizio all’idea di partire da sola per un festival in un posto di cui so parlare molto poco la lingua. Sotto a quei palchi immensi, però, mentre cantavo a squarciagola “Seek and Destroy”, “Chlorine” e tanti altri, di tanto in tanto mi fermavo un attimo a guardarmi intorno: c’erano persone con bandiere dall’Argentina, dal Perù, dall’Ucraina, dalla Moldavia e persino dalla Norvegia. Ognuno di noi era lì, proveniente da ogni parte del mondo, con una storia unica e diversa da tutti quelli intorno a noi, ma non per questo non ci sentivamo uniti ““ anzi, come detto poco fa eravamo una vera e propria famiglia.

Ho scritto più e più volte di quanto la musica sia un linguaggio internazionale, che va oltre ogni parola e significato possibile; altrettante volte ho dato la cosa per scontato, come se fosse una legge non scritta che ognuno di noi conosce già  fin dalla nascita. Eppure, credetemi, non si riesce davvero a capirlo finchè non ci si trova in un altro posto, con una lingua diversa, lontano da tutto e tutti ““ ma non dalla propria famiglia.