Fu un esordio davvero fulminante quello dell’artista precedentemente noto come Terence Trent D’Arby (oggi il suo nome è Sananda Francesco Maitreya) che nell’estate del 1987, ad appena venticinque anni, costrinse il mondo a inginocchiarsi di fronte all’impeccabile eleganza pop delle undici tracce contenute nel suo album di debutto. Un titolo lungo un chilometro e una sfilza di record da far impallidire tutti i giganti dei favolosi “’80s: quasi dieci milioni di copie vendute in tutto il mondo; primi posti raggiunti nelle classifiche inglesi e australiane; nove settimane al vertice delle charts britanniche; una dignitosissima quarta posizione nella Billboard 200 e, dulcis in fundo, la vittoria di un prestigiosissimo Grammy per la miglior performance R&B.

La verità  però è che “Introducing The Hardline According To Terence Trent D’Arby” è e sarà  per sempre una croce e una delizia per il cantante statunitense che, in seguito, non sarebbe più riuscito a mantenersi su tali livelli. Un piccolo miracolo impossibile da ripetere, frutto del genio di un autore e polistrumentista dal talento potenzialmente infinito ma vittima di un successo conquistato troppo in fretta.

In questo disco pieno di idee e spiritualità , in costante bilico tra il passato e il futuro del pop, c’è tutto l’amore di Terence / Sananda per il soul, l’R&B, il funk e il gospel. Sonorità  senza tempo che, di canzone in canzone, si mescolano con le sfumature elettroniche della minacciosa (almeno nel ritornello, che sembra un canto di lavoro) “If You All Get To Heaven” e della ben più dolce “Sign Your Name”, la hit che tutti ma proprio tutti ancora oggi ricordano.

Il fu Terence Trent D’Arby sapeva far divertire, ballare, emozionare e ferire mortalmente, con una voce spettacolare capace di passare dalle note gioiose di “If You Let Me Stay” al dolore puro della commovente “As Yet Untitled”, un brano a cappella baciato da un’interpretazione ricca di enfasi ma da pelle d’oca.

“Introducing The Hardline According To Terence Trent D’Arby”, pur essendo un lavoro chiaramente figlio degli anni ’80, presenta ancora evidenti tratti di modernità  in grado di renderlo quasi un unicum nel suo genere. Nel soul dell’artista di Manhattan convivono in armonia i suoni antichi e, perchè no, rassicuranti di scuola Motown (la cover di “Who’s Lovin’ You”, scritta da Smokey Robinson nel 1960) e quelli più futuristici, aggressivi e incisivi di un funk ultra-sfaccettato che può essere princiano (l’arcinota “Wishing Well”), reggaeggiante (“I’ll Never Turn My Back On You (Father’s Words)”) e “sudato” come quello inventato da un idolo del giovane Terence Trent D’Arby, ovvero James Brown (“Dance Little Sister” e “Rain”, dalla forte impronta rock).

E allora cosa fu, e continua a essere, il fresco trentacinquenne “Introducing The Hardline According To Terence Trent D’Arby”? Una raccolta di contrasti e sorprese dal sapore coraggioso e in parte anche innovativo, nonostante il chiaro marchio del mainstream impresso in copertina. Un album intelligente e, al tempo stesso, perfetto per le radio ““ un bell’esempio di musica commerciale ben confezionata e di enorme classe, alla quale forse non siamo più abituati. Ma lungi da me passare per un vecchio trombone che si lamenta di tutto e tutti! Mi limito a consigliarvi di andare a recuperare una copia di questo disco, opera definitiva di un talento da riscoprire.

Data di pubblicazione: 13 luglio 1987
Tracce: 11
Lunghezza: 47:11
Etichetta: Columbia
Produttori: Martyn Ware, Terence Trent D’Arby, Howard Gray

Tracklist:
1. If You All Get To Heaven
2. If You Let Me Stay
3. Wishing Well
4. I’ll Never Turn My Back On You (Father’s Words)
5. Dance Little Sister
6. Seven More Days
7. Let’s Go Forward
8. Rain
9. Sign Your Name
10. As Yet Untitled
11. Who’s Loving You