Già  autore tra le altre cose dell’ultimo capolavoro Horror che ho visto, il terrificante “Sinister”, Derrickson, che nel frattempo ha anche preso parte al multiverso Marvel (il primo, ottimo “Doctor Strange”), ritorna con questo “The Black Phone” ad un’opera a lui congeniale.

Se da una parte abbiamo l’afferenza al canone retromaniaco post “Stranger Things”, che vede dunque la pellicola ambientata negli abusati e interminabili anni ’80, dall’altra Derrickson ci restituisce il magico decennio con più violenza e cupezza di quello cui siamo abituati.

Un altro capovolgimento rispetto al suo modus operandi riguarda il ruolo del soprannaturale. Il Babau, interpretato da un magnifico Ethan Hawke, è dunque un cattivo in carne ed ossa, un rapitore, seviziatore e assassino seriale dei tipici adorabili pre-adolescenti in bicicletta. Questi ultimi possono però contare su premonizioni e, soprattutto, sugli spiriti dei bimbi precedentemente assassinati da Hawke, mai parchi di suggerimenti, elargiti attraverso un telefono rotto nella cantina cella dell’aguzzino, per sconfiggere quest’ultimo.

Oltre alla solidità  della trama e dela plumbea messinscena, Derrickson può contare su dettagli che ne fanno un autore horror con una sua riconoscibile cifra stilistica, su tutti l’uso di intermezzi found footage e della colonna sonora in bilico tra ambient e oscura psichedelia.