Gli Osees sono tornati con questo loro ventiseisimo album di studio (pubblicati con i vari nomi della band): il loro precedente, “Metamorphosed”, era uscito a ottobre 2020, ma nel frattempo il frontman John Dwyer non era stato fermo e aveva improvvisato e sperimentato con nuovi lavori e progetti che lo hanno visto collaborare con parecchi altri artisti e provare altrettanto numerosi generi.
Questo nuovo full-length, prodotto, registrato e mixato proprio dal frontman del gruppo californiano, è invece un omaggio ai gruppi punk con cui sono cresciuti e, stando a quanto dice la press-release, rappresenta “alcuni degli istinti selvaggi e primitivi della band”.
Registrato nel basement di Dwyer, questo LP, della durata di poco più di venti minuti, dimostra fin dalla sua opening-track “Funeral Solution” cosa ci dobbiamo aspettare: adrenalinici riff di chitarra a ritmi esagerati, un drumming decisamente pesante e insistito e soprattutto le grida aggressive del frontman. Folle e grezzo, il brano è 100% pure punk cattivo e intenso.
Poco più avanti “Too Late For Suicide” sembra essere una delle canzoni più tranquille tra queste dieci: pur rumorosa e con quelle sue sei corde che ricordano le sirene di un’ambulanza, ha comunque un ritmo saltellante (grazie anche all’ottimo lavoro alla batteria da parte di Paul Quattrone) e divertente, sebbene il tono della voce di John sia piuttosto cupo.
“Scum Show”, invece, è una bomba punk HC che va dritta al punto a velocità impressionante e senza mai fermarsi, sebbene le chitarre riescano a creare un senso melodico in mezzo ai vocals deliranti di Dwyer.
Ottima la struttura ritmica di “Perm Act”, dove ancora Quattrone si distingue con il suo lavoro dietro al drumkit, prima che il solito John trasformi tutto in qualcosa di grezzo e selvaggio, ma incredibilmente irresistibile e divertente.
La velocissima e cortissima “Sacrifice”, cover dei Rudimentary Peni, band anarcho-punk inglese degli anni ’80, chiude il disco nella più totale follia per un minuto di puro godimento.
Circa ventidue minuti intensi da gustare tutto di un fiato dal primo all’ultimo secondo: punk old school, che vede Dwyer e la sua band calpestare l’ennesimo terreno sonoro e ancora una volta con risultati molto apprezzabili. Cattivo, sporco e pieno di energia, questo album ha tutti gli ingredienti di cui avevamo bisogno per divertirci in questa seconda parte d’estate.
Photo Credit: Connor Lyons