I Preoccupations mancavano da quattro anni e mezzo, ma ora sono tornati con questo loro quarto LP: i lavori per questo nuovo album in realtà erano già iniziati nell’autunno del 2019, quando i canadesi si erano incontrati al St. Zoo di Montreal, lo studio di proprietà del chitarrista Scott Munro.
L’idea era quella di ritrovarsi qualche mese dopo per portare a termine il disco, ma ovviamente la pandemia ha messo tutti i loro progetti in stand-by: quando è arrivato il lockdown Munro si trovava in tour insieme alla sua partner a Calgary e ha deciso di rimanere in quella città , dove vivono i suoi genitori. Proprio lì Scott ha costruito un house studio, dove ha potuto concludere l’album, scambiandosi i file dei brani via mail con il frontman e bassista Matt Flegel. In seguito Graham Walsh degli Holy Fuck ha mixato il nuovo LP, mentre Mikey Young dei Total Control si è occupato del mastering.
Flegel spiega di aver trattato nei suoi testi dei soliti argomenti di cui ha sempre scritto nelle canzoni dei Preoccupations: “Questa volta i temi dell’isolamento, dell’ansia, della trepidazione, dell’imminente auto-annientamento, della paura del totalitarismo e del malessere generale sembrano involontariamente più rilevanti che in passato”, sottolineando come non fosse un bel segno, ma allo stesso tempo sperando di aver raggiunto il culmine di questa oscurità .
Il disco inoltre segna il ritorno a un suono più chitarristico rispetto al maggiore uso dei synth presente su “New Material”: come è possibile già ascoltare nell opening-track “Fix Bayonets!”, le sei corde recitano una parte da protagonista qui ed è subito un assalto frontale ad arrivare dritto alle nostre orecchie, accompagnato anche dal drumming potente, preciso e deciso di Mike Wallace. Nello stesso momento, pur in mezzo ai caotici vocals di Matt, possiamo inoltre godere di una struttura melodica davvero piacevole e ben costruita, seppur dai toni malinconici.
Più avanti “Recalibrate” ci fa invece scoprire un nuovo volto della band canadese con influenze industrial cupe e dure e, tra percussioni incisive e synth rumorosi, troviamo inaspettati beat dancey che aggiungono luminosità al brano, che termina poi con una lunga parte strumentale tra il dreamy e l’ambient.
La lunga (oltre sei minuti) “Tearing Up The Grass” chiude il disco con tonalità post-punk pulite e piuttosto calme e positive, sebbene i suoi testi siano piuttosto bui, mettendo in mostra le emozioni del gruppo di Calgary.
Senza dubbio un disco non facile da digerire e che richiede più ascolti, “Arrangements” è un lavoro molto solido e interessante e mostra ancora una volta la grande qualità dei Preoccupations.
Photo Credit: Erik Tanner