Cercato una vita e infine trovato in (pessima) ristampa: poi amato, odiato, consumato. E, a 40 anni dall’uscita, posso addirittura fregiarmi di scrivere la retrospettiva di uno dei dischi di culto dei primi anni ’80, quelli che o li ami o li odi.

Conobbi infatti i Virgin Prunes quando ancora il post-punk e le sue derivazioni erano roba da collezionisti, nostalgici o svalvolati, cioè ben prima del riassetto e della riscoperta dei primi anni 2000. Tant’è che, nell’epoca internet 1.0, conquistare dischi fuori catalogo era impresa da cercatori d’oro. “…If I Die, I Die” era una di queste pepite.

I dublinesi compagni di borgata degli U2, con cui condividono il sangue del chitarrista, sono un caso unico nell’humus gothic-punk britannico del periodo. Il loro cabaret dell’orrore, volutamente kitsch, lega il glam gotico dei Bauhaus all’abrasivo primitivismo del Pop Group in una personalissima rilettura delle tradizioni natie, molto più intellettuale di quanto possa apparire a prima vista.

“Ulakanakulot/Decline and Fall” fa scendere la notte sulla giungla e prepara il terreno con un rituale ad alta tensione, etnico, ambientale, pagano. All’opposto, “Walls of Jericho” stende tutti i tentacoli in una fiammata dissacrante, “Ballad of the Man” è un synth-pop spastico, o forse una presa per i fondelli bella e buona.

Senza prendersi troppo sul serio, il complesso irlandese incute, paradossalmente, un timore più perfido rispetto alla media del primo gothic-rock: in “Caucasian Walk” pare quasi che un manipolo di guitti spastici dichiari guerra al paese limitrofo. I Virgin Prunes sono una specie di circo, capace di performare ad elevato regime di ansia anche quando paròdia sè stesso. Dove “Baby Turns Blue” saltella instupidita in una maramalda pantomima, “Pagan Lovesong” (non presente nell’edizione originale) grugnisce ubriaca di furore e risentimento.

E’ lo straniamento il fattore critico di tutta l’operazione, e questo lavoro rischia di diventarne un classico: irripetibile il fraseggio fra il teatrante di periferia Gavin Friday e il ritardato mentale Dave-iD, troppo sfilacciata e schizofrenica la composizione per non essere meticolosamente costruita. Una meteora di spassosa cattiveria che, di fatto, sancì la fine di un gruppo che aveva ottenuto il massimo dalla propria eloquenza.

Data di pubblicazione: 4 novembre 1982
Registrato: Windmill Lane Studios (Dublino)
Tracce: 9
Lunghezza: 40:19
Etichetta: Rough Trade
Produttore: Colin Newman

Tracklist
1. Ulakanakulot
2. Decline and Fall
3. Sweethome Under White Clouds
4. Bau-Dachöng
5. Baby Turns Blue
6. Ballad of the Man
7. Walls of Jericho
8. Caucasian Walk
9. Theme for Thought