Poesie sonore che rivendicano, per ciascuno di noi, lo spazio necessario a far emergere le nostre riflessioni e a sfogare quelli che sono i nostri tormenti personali, i quali sembrano adattarsi, alla perfezione, alle singole parole, ai riverberi, alle illustrazioni musicali che Leonard Cohen ci ha lasciato in eredità e che rivivono in questo tributo,. Un tributo, dal background jazzistico, che si materializza, dinanzi ai nostri occhi, come fosse una dolente discesa nel nostro lato più tormentato ed oscuro del nostro inconscio, laddove pensieri ed istinti sinistri attendono di divorarci l’anima e allontanarci, per sempre, dalla strada della verità , della pace, del rispetto e della giustizia.
Ed è così che si rende drammaticamente reale, su questa Terra, l’inferno, facendo sì che le persone vaghino, in modo indolente, in un mare cosmico, senza alcuna meta o direzione, attendendo, invano, che un capitano possa prendere il controllo delle loro navi. Ma non arriverà nessun capitano, al massimo arriveranno i più stolti, crudeli e spietati tra i demoni; dovremo essere noi stessi, quindi, a ritrovare il coraggio, la determinazione e l’impegno che abbiamo smarrito e tornare, di conseguenza, sul ponte di comando, sforzandoci di dirigerci verso gioie e soddisfazioni che, adesso, sembrano essere vane ed irraggiungibili. Sin dall’iniziale “Steer Your Way” è evidente, infatti, che i brani scelti rappresentano un percorso di espiazione e di liberazione, andando a costruire quella preghiera laica che, una strofa dopo l’altra, un assolo dopo l’altro, un ritornello dopo l’altro, consentirà alle trame esclusivamente strumentali di “Bird On The Wire”, al di là di ogni dolente addio, il compito di testimoniare, invece, il fatto che nessuno va via davvero, che gli addii non esistono. Restiamo qui, infatti, restiamo vicini a quelli che abbiamo conosciuto e amato, restiamo nel fumo delle nostre sigarette, nel sapore intenso del vino che abbiamo sorseggiato, nel rumore delle nostre risate, nei momenti nei quali abbiamo pagato pegno alla rabbia o al dolore, restiamo in ogni canzone che abbiamo suonato o semplicemente ascoltato, ma soprattutto restiamo nelle parole che abbiamo scritto, sussurrato, letto, urlato, chiesto o donato, affinchè diventassero conforto e testimonianza del nostro passaggio in questo piccolo e confuso mondo.
Forse questo tributo è talmente perfetto nei suoi dettagli da risultare troppo distante dalle nostre imperfezioni e dai nostri difetti, ma, a volte, questa perfezione è proprio quello di cui abbiamo bisogno; sentiamo la necessità che qualcuno che ci mostri, nei fatti, quanto possa essere stupendo il paradiso e che ci rammenti come, nonostante tutte le nostre mancanze, le nostre debolezze e i nostri peccati, tutti noi, in fondo, se ci crediamo, se ci impegniamo, se lo vogliamo davvero, possiamo varcarne le soglie e lasciarci dietro ogni veleno, ogni ansia, ogni delirio, ogni inutile pretesa di controllo e di conquista.
Credit Foto: Gorupdebesanez, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons