I Soundgarden saranno, per sempre, una band che ti resta dentro, una band capace di accompagnarti, giorno per giorno, attraversando nottate insonni, esperienze complicate, dolorose o meravigliose. Non importa, perchè la voce di Chris Cornell sarà sempre un appiglio concreto, un’oasi splendida, una necessaria presa di coscienza, una salvifica musa per naviganti e vagabondi, esista o no una vera destinazione da raggiungere.
Nel 2002 i Rage Against The Machine, orfani ormai di Zack De La Rocha, costruirono, attorno al nucleo sonoro costituito dalla chitarra di Tom Morello, dal basso di Tim Commerford e dalla batteria di Brad Wilk, una creatura musicale completamente diversa, meno politicizzata, meno carnale, più spirituale, totalmente svincolata dalla dimensione rap e da quella hip-hop e più incline a proporre sonorità che guardavano agli anni Settanta e all’hard-rock, ma anche agli anni Ottanta e all’heavy-metal. Affinchè, però, quest’araba fenice potesse risorgere dalle ceneri del recente passato, c’era bisogno di una voce calda, carismatica, epica, passionale, armoniosa, e quella era la voce di Chris Cornell: fu così che videro la luce gli Audioslave e il loro primo omonimo album.
La genesi non fu semplice: le derive alcoliche erano in agguato, così come i problemi di integrazione, la confusione e le tensioni commerciali che stavano per mettere fine al progetto, senza che esso avesse nemmeno un nome col quale riconoscersi. Fortunatamente gli aspetti manageriali vennero risolti, le due etichette, Epic e Interscope, trovarono un accordo e alla fine dell’anno l’album potè essere pubblicato, accompagnato da una copertina ideata da Storm Thorgerson.
Un nome che riportava al tempo dei vinili, dei grandi concept-album, degli immensi concerti e raduni rock, del prisma che spezzava il buio della notte e riconduceva direttamente ai Pink Floyd, ai Led Zeppelin, ai Black Sabbath, a quelle sonorità intrise di psichedelia, di blues, di rock acido, oscuro e magmatico che avevano caratterizzato gli anni Settanta e che tornavano a rivelarsi, con una micidiale e possente forza profetica, negli Audioslave, i quali troneggiavano, come un altare primordiale a forma di fiamma, in una radura completamente deserta. Quella fiamma rappresentava il glorioso e leggendario passato, ma si rivolgeva anche al futuro, tentando di renderlo migliore rispetto a questo nostro arido, desolante, drammatico e solitario presente. Un presente che, come un deserto privo di vita e di stupore, si apre, brullo ed indifferente, solitario e moribondo, precario e pericoloso, dinanzi ai nostri occhi, mentre “Shadow On The Sun” ci sprona a cercare la nostra anima perduta, la nostra coscienza sopita, quella nostra curiosità che è, purtroppo, sprofondata in un buco oscuro nel quale, ahimè, non c’è più nulla da imparare.
La ricerca, dunque, quella di “I Am The Highway”, è l’unica salvezza possibile, una ricerca che esprime, ovviamente, il bisogno di muoversi, di conoscere altri luoghi e altre persone, senza paura di ascoltare le loro storie, di vivere le loro pene, di assaporare i torti che esse hanno subito o i peccati che esse hanno commesso, perchè il tempo della conoscenza, quello di “Hypnotize”, non può essere più rimandato. è ora, è adesso.
Pubblicazione: 18 novembre 2002
Durata: 62:47
Dischi: 1
Tracce: 14
Genere: Alternative-Rock, Hard-Rock
Etichetta: Epic Records, Interscope Records
Produttore: Rick Rubin, Audioslave
Registrazione: 2001-2002
Tracklist:
1. Cochise
2. Show Me How to Live
3. Gasoline
4. What You Are
5. Like a Ston
6. Set It Off
7. Shadow on the Sun
8. I Am the Highway
9. Exploder
10. Hypnotize
11. Bring ‘Em Back Alive
12. Light My Way
13. Getaway Car
14. The Last Remaining Light