Our love is all we have, our love is all God’s money – O delle gesta dei Wilco in quel di Milà n

Qualcuno faccia l’antidoping a Nels Cline.
Nels Cline è -non solo, ma non è questa la sede per parlarne- il chitarrista dei (presentazioni di rito appresso —>) Wilco, rock-band americana (di Chicago) giunta all’ottavo album in studio con “The Whole Love” del 2011, dopo aver sfornato capolavori quali “Yankee Hotel Foxtrot” del 2001 (cui Pitchfork Media ha assegnato un rarissimo 10) e “A Ghost Is Born”, vincitore di un Grammy come Best Alternative Album nel 2005, nonchè altri ottimi dischi (praticamente tutto il resto della loro produzione, dato che non hanno sbagliato un colpo).

Magari qualcuno di voi si starà  domandando Ma questi allora sono fighi, come caspita è che non li conosco? E che non vengono così inflazionati da radio e tv? Ebbene, questa è l’occasione di farne la scoperta. Scoperta che avverrebbe tuttavia molto in ritardo, dato che i Nostri, sorti in seguito allo scioglimento degli Uncle Tupelo intorno alla figura del leader Jeff Tweedy, sono attivi dall’ormai lontano 1994.
Dicevamo di Nels Cline, biondo geniaccio delle sei corde che pare tarantolato, il quale regala assoli strasosferici e deliranti quali quello in chiusura di “Art of Almost”, secondo pezzo in scaletta dopo l’inizio quasi in sordina di “Hell is Crome”, o quello (che sembra davvero interminabile) nella splendida “Impossible Germany” – solo per citarne due.

Cline è sicuramente, insieme a Tweedy, il catalizzatore degli occhi di un pubblico che è assolutamente variegato in termini di età  e stile: “young” e “old”, appunto, per citare l’ultimo singolo “Dawned On Me” (il cui video vede alla regia il figlioletto del frontman), penultimo pezzo di un primo set che si conclude con “A Shot In The Arm”, dopo aver commosso con “Misunderstood” (in cui Jeff ripete, all’unisono con noi, “nothin’!” per ben 30 volte), rallegrato con le melodie solari di “Born Alone” e disteso con l’andatura dinoccolata di “Capitol City”, nonchè galvanizzato con “Spiders (Kidsmoke)” e con le cavalcate elettriche di “Bull Black Nova”, “At Least That’s What You Said”e “Box Full of Letters”.

I Wilco però sono una band, una vera band, affiatata, che si diverte. E questo si vede chiaramente: i sei ammiccano alla platea instaurando un’atmosfera sì adrenalinica ma allo stesso tempo “di casa”, complice, favorita anche dai paralumi che costellano il palco. Trovano anche il tempo di accontantare una richiesta suonando “Black Moon” a sorpresa (o almeno così apprendo da Rolling Stone, dato che probabilmente ero impegnato a lasciare il mio indirizzo e-mail ad una graziosa ragazza spagnola dimodochè mi inviasse le sue foto – un momento, così sembra brutto, volevo dire le foto del concerto scattate da lei – cosa che non è avvenuta: avrà  pensato che ci stessi provando, eeeeeevvabè).

Alla pausa i pezzi proposti sono già  18, ma il numero salirà  a 27 (!) a concerto terminato: c’è il tempo per sganciare altre bombe come “Whole Love”, “Theologians”, “Heavy Metal Drummer”, “Red-Eyed and Blue”, “I Got You”, “Outtaside (Outtamind)”. Ma, soprattutto, tre dei maggiori picchi della serata: “I’m the Man Who Loves You”, che manda in visibilio tutti, e in particolare un tale che si fa strada con foga tra le prime file fino a sovrastare il sottoscritto, per rendere omaggio al batterista che nel frattempo si ergeva sul proprio strumento pavoneggiandosi a dovere da vero “heavy metal drummer”; la dolcissima “Jesus, Etc.” (con tanto di giusto richiamo di Tweedy nei confronti della società  occidentale alla riconsiderazione dei valori da cui ripartire – vedi titolo del presente articolo), la cui prima strofa è lasciata cantare quasi interamente a noi; infine la conclusiva “Hoodoo Voodoo” che vede l’appassionata quanto esilarante partecipazione del tecnico Josh, un uomo dalle sembianze a metà  strada tra Frank Zappa e Gaspard Augè dei Justice che si scatena al piatto in giro per il palco, a petto nudo, andando ad “importunare” anche un bravissimo Pat Sansone (multistrumentista che nella circostanza imitava Pete Townshend alla chitarra con la celeberrima pennata a “braccio rotante”).

Congedo definitivo, almeno fino alla “next time”, come promesso da Jeff. Il quale ormai, come la sua band, è diventato uno di noi.
Oh, tra l’altro, per quella storia dell’antidoping, lasciate stare, non c’è bisogno: non si sa mai che il caro Nels venga fermato… Vogliamo ancora ascoltare e guardare esterrefatti le sue contorsioni (chitarristiche e fisiche) e le sue espressioni da folle.

Setlist
HELL IS CHROME
ART OF ALMOST
I MIGHT
MISUNDERSTOOD
BULL BLACK NOVA
AT LEAST THAT’S WHAT YOU SAID
SPIDERS (KIDSMOKE) (semi-acoustic version)
IMPOSSIBLE GERMAN
BORN ALONE
LAMINATED CAT (Loose Fur cover)
OPEN MIND
HUMMINGBURN
HANDSHAKE DRUGS
BOX FULL OF LETTERS
CAPITOL CITY
WAR ON WAR
DAWNED ON ME
A SHOT IN THE ARM

-encore

WHOLE LOVE
I’M THE MAN WHO LOVES YOU
JESU ETC.
THEOLOGIANS
HEAVY METAL DRUMMER
RED-EYED AND BLUE
I GOT YOU (AT THE END OF THE CENTURY)
HOODOO VOODOO