Baci dalla provincia parte seconda. Ovvero come un gruppo reggiano piuttosto in voga raccolga idee e strumenti, si ritrovi in uno studio non lontano da casa con cadenze irregolari per dare forma a quel vecchio progetto di conquistare l’ Europa.
I Giardini di Mirò sono arrivati al quinto disco, hanno abbondantemente superato i dieci anni di attività e con “Good Luck” sono ad un punto di svolta fondamentale: si chiude una fase della loro carriera, culminata con l’anomalia del “Fuoco”, progetto che rifuggiva l’idea di canzone a favore dei movimenti e se ne apre un’altra che sulla canzone si basa. Licenziando questo lavoro, inoltre, salutano il batterista e produttore Francesco Donadello, con la band dai tempi di “Punk…not diet!” e tratto determinante nel sound dei Giardini, che si trasferisce a Berlino. Senza nulla togliere ad Andrea Mancin ma nessuna band è mai rimasta uguale dopo il cambio del batterista e la differenza di stile si nota già nei brani affidati all’uno o all’altro. Al futuro si può guardare con fiducia perchè la band di Cavriago ci ha abituato ai mutamenti di organico e di direzione lasciando inalterata l’autenticità del progetto e la qualità delle scelte stilistiche.
Qui però bisogna analizzare il presente e cioè “Good Luck”, un disco fatto di canzoni, più o meno lunghe, semplici o strutturate ma pur sempre canzoni nelle quali si rilevano anche dei ritornelli ben costruiti. Il punto di ripartenza è “Dividing Opinions”, l’album del 2007 che aveva rivelato i Giardini di Mirò anche come parolieri interessanti e incerti cantanti. Oggi ci sono testi in sette brani su otto e al microfono pare stabile e sicuro Corrado Nuccini, il post-rock dei primi anni è stato trasfigurato da influenze diverse oltre che da una cifra stilistica che ha trovato il coraggio di rivelarsi nella sua pienezza, tanto che ormai il marchio di “Mogwai italiani” appare frusto e sbiadito. Si può anzi dire senza tema di smentita che i nostri posso sfoggiare una condizione artistica ben più brillante dei tipi di Glasgow.
Dopo la porta chiusa sul passato rappresentato dall’iniziale e breve “Memories”, inizia un viaggio che passa tra wave, kraut-rock, chitarre shoegaze (Slowdive per sempre), pop d’autore in “There is a Place” dove poter apprezzare la voce di Sara Lov (Devics), fino alle cavalcate canadesi della mastodontica “Rome”.
“Good Luck” è l’unico brano esclusivamente strumentale dell’album, che riecheggia il passato remoto della band, ed incarna l’augurio per tutti i saluti e le partenze di cui sopra ma rappresenta un ideale augurio ad ognuno, perchè questo 2012 preannuncia di essere anno che distruggerà molte cose e ne creerà altrettante in barba alla termodinamica e alla “voglia di tranquillità “. Perciò l’unica è farsi trovare pronti e ricettivi.