John Carter è un soldato americano, veterano della settima cavalleggeri (come il suo autore) nella guerra civile che per una misteriosa concatenazione di eventi finisce per essere catapultato su Marte, dove a causa della ridotta forza gravitazionale del pianeta rosso scoprirà di avere doti eccezzionali, capacità che torneranno utili nel momento in cui verrà coinvolto nella guerra civile che impazza tra le razze del pianeta che i locali abitanti chiamano Barsoom.
Era il 1912, esattamente cento anni fa , quando lo scrittore americano Edgar Rice Burroghs (l’autore letterario di “Tarzan”) il padre di tutta la narrativa che combina la fantascienza con il fantasy dà alla luce il primo dei romanzi del ciclo di Barsoom incentrati sul personaggio di John Carter.
La saga di culto che più di tutte è stata fonte d’ispirazione per tutti gli scrittori più importanti del genere come H.P. Lovecraft, Arthur C. Clark, Ray Bradbury etc.. ed autori di cinema del calibro di George Lucas e non ultimo James Cameron.
In poche parole John Carter è l’archetipo di tutti i personaggi fantasy moderni, un eroe dei due mondi anti-litteram, prototipo di tutti i rimandi nell’iconografia e l’immaginario di saghe popolari moderne quali “Star Trek”, “Star Wars” e “Avatar” che devono molto al personaggio nato dalla penna e la fantasia di Burrohgs.
John Lasseter e Andrew Stanton, menti e guru della Pixar, ancor prima che fosse inglobata dalla Walt Disney, gongolavano all’idea di portare sul grande schermo un colossal sulle vicende marziane di John Carter. Impresa più volte tentata in passato ma mai portata a termine. Sin dagli anni 30, Bob Clampett, il regista dei “Looney Tunes”, voleva farne il primo lungometraggio animato della storia, ma le poche sequenze girate non passarono il test del pubblico e il progetto venne abbandonato lasciando così alla Biancaneve della Disney lo storico primato.
Negli anni 80 si tentò di nuovo di imbastire un progetto cinematografico, sulla scia dei successi dei film di fantascienza dell’epoca la Disney ritenne la saga su John Carter una valida e potenziale alternativa a “Star Wars” coinvolgendo nel progetto John McTiernan e Tom Cruise. Il regista pero’ non ritenne valido lo stato degli effetti speciali del tempo per poter ricreare degnamente l’universo immaginato da Burroghs e anche questo progetto naufragò.
Nel frattempo i diritti del primo romanzo divennero di pubblico dominio e nessuna major di Hollywood voleva investire tanti soldi in un una proprietà intellettuale che poteva essere saccheggiata da chiunque, sul mercato di massa ormai percepita come un’idea obsoleta e poco originale dopo i successi planetari di “Star Wars” e “Star Trek”.
Ed e qui che entra in gioco la Pixar secondo cui John Carter sarebbe dovuto essere il primo film con attori in carne ed ossa dello studio guidato da John Lasseter che per la regia sceglie Andrew Stanton, premio oscar per Miglior film d’animazione con “Alla ricerca di Nemo” e “Wall-E” coadiuvato alla sceneggiatura con il premio Pulitzer Michael Chabon uno dei massimi esperti al mondo in miti popolari.
Andrew Stanton è uno dei fan sin da ragazzino della saga creata da Burroghs, ed ha personalmente acquisito i diritti cinematografici del personaggio pagandoli di tasca propria, covando sotto la cenere il suo più ambizioso progetto reso possibile solo dopo i successi, i soldi e i premi ottenuti con i suoi film con la Pixar.
La Disney diviene produttrice del film con un budget faraonico (si parla di 300 milioni di dollari) ma il risultato è all’altezza delle aspettative?
E qui subentrano tutti i dubbi in una pellicola che paga troppo dazio alle innumerevoli produzioni di genere succedutesi nel corso dei decenni che insieme ad una campagna pubblicitaria totalmente mal calibrata (lo hanno fatto sembrare un film per ragazzini) ne hanno decretato il fragoroso tonfo ai botteghini di tutto il mondo.
Eppure Stanton cerca di dare il suo meglio concentrando in poco più di due ore un materiale narrativo ed emotivo imponente, grazie ad un comparto visivo strabiliante dato dagli effetti speciali straordinari ma non eccessivi, la splendida fotografia di Daniel Mindel , l’eccellente montaggio di Eric Zumbrunnen (collaboratore di fiducia di Spike Jonze) e la preziosa colonna sonora scritta dal premio oscar Michael Giacchino.
Ovviamente la sceneggiatura soffre nel dover condensare un lungo romanzo in un blockbuster condiscendente ai bisogni fisiologici del grande pubblico e rende necessari passaggi didascalici e voce fuori campo in più punti per far intuire meglio cosa accade, ma la cura dei dettagli ed il lavoro certosino di tipica fattura Pixar bilanciano tutti i limiti del caso rendendo questo adventure fantasy meritevole di entrare nell’immaginario collettivo del genere ma che finirà nell’affollato dimenticatoio delle occasioni perdute. Come il sequel annunciato e poi abortito in seguito agli scarsi incassi.