Che dire di una reunion con relativo nuovo disco di una band come Garbage, quando il loro fan-tipo (studente al primo/secondo anno di università non frequentante perchè all’Università fondamentalmente si va per curare le relazioni sociali, appartenente alle classi più abbienti ma con pretese alternative che lo portano a seguire una serie di standard che lo fanno puzzare di poser lontano un metro) tredici anni dopo il grande boom lavora in banca e/o si è ridotto nel dopolavoro ad interpretare la tragica parte il thirty-something lampadato con bici scatto fisso ed indegna hoodie sintetica verde? Nulla, se non che queste reunion a comando francamente hanno rotto parecchio le scatole ma ultimamente escono dischi di supposte nuove band talmente poco arrapanti che perfino i Garbage (gli ultimi Garbage, ed anche i, primi, sopravvalutatissimi Garbage) nel marasma generale riescono a fare una figura pressochè decente.
Che poi non è tutto oro ciò che luccica (ed in “Not Your Kind Of People” di oro non ce n’è, e di luccicanza ancor meno) ma cose come la tamarrissima prima traccia “Automatic Systematic Habit” (roba che solo i Faint e i dARI hanno capito/concepito così) ti fanno pensare che, beh, questi cinquantenni che all’epoca erano già produttori affermati/vecchie volpi da studio di registrazione ed avevano formato una band per fare un bel po’ di soldi cercando tessere più o meno forzatamente un ipotetico filo conduttore tra Bristol, Skunk Anansie, Seattle post-morte di Kurt Cobain e Blondie pre-reunion qualche cartuccia da sparare nel 2012 ce l’hanno ancora (soprattutto se tutto ciò che esce nuovo in realtà suona già sentito e l’importante per una band è saper scegliere bene le fonti di ispirazione). La voce di Shirley Manson resta piatta e monocorde come allora, vero punto debole della band nonostante la figura carismatica della titolare (che non par vero ma ha quasi cinquant’anni pure lei e non è più nel poster centrale di Rocksound perchè in Italia Rocksound l’hanno chiuso già da un bel pezzo e nessuno ormai se ne ricorda più), però è bello quell’effetto karaoke che si genera spontaneo ascoltando brani che paiono scarti degli altri dischi della band (e probabilmente lo sono, ma nessuno ci fa troppo caso e dunque non vale la pena avventurarsi in una mera, tediosa elencazione dei brani e delle caratteristiche degli stessi ““ tanto erano già nei vecchi album della band) e che più li ascolti più ti chiedi dove stia nascosto il plagio (suona tutto troppo già sentito e comunque si sente puzza di bruciato, forse un giorno verrà creata una apposita sezione-Garbage su plagimusicali.net) o al limite l’assonanza/somiglianza.
Mai piaciuti troppo i Garbage all’epoca (eccetto “Only Happy When It Rains”, vera manifestazione di genio a partire dal video), eppure questo disco rappresenta un ascolto gradevole anche se non indimenticabile. Diciamo che va bene per un paio di viaggi medio-lunghi in macchina, nell’attesa di cestinarlo per sostituirlo con qualcosa di già sentito nel passato o nel futuro, nella speranza che esca una band in grado di sparigliare le carte creando qualcosa di radicalmente nuovo e mai sentito.
Credit: Joseph Cultice