Dopo quattro album incisi come trio (incluso il visionario “Mines” recensito dal sottoscritto) i Menomena, dopo aver perso Brent Knopf (che ha preferito dedicarsi esclusivamente al suo progetto laterale Ramona Falls), sono “costretti” a ripresentarsi come un duo, composto dai superstiti Danny Seim e Justin Harris. Il quinto lor figliuolo, “Moms”, reca nei testi un calco mai così profondo delle vite dei membri della band. I Menomena, in un modo tutto loro, affrontano temi familiari, relazionali e personali, tra bisogno di purificazione e rimpianti, tra schegge di passato e barbagli del futuro.
A parte le considerazioni sui contenuti, la sensazione, rispetto a “Mines”, è che il disco sia meno immediato e al contempo più lezioso e “leggero”. In realtà la giocosità della band di Portland nasconde sempre quell’attitudine sfuggente, quella voglia di sfuggire alle ovvietà dell’indie-rock moderno mantenendo quel cuore pop che mai smetterà di pulsare, che ce li ha fatti apprezzare così tanto nel recente passato. E così siamo punto e a capo, di nuovo al cospetto del gustoso rompicampo Menomena, qui più che mai vicini ad un’altra band allergica alle catalogazioni più rigide come i Tv On The Radio. Ritorna così quell’impressione di trovarsi di fronte a un pugno di canzoni sospese su una voragine fluorescente di galleggianti sensazioni inesplose, canzoni asimmetriche che scivolano felpate su pendii obliqui, dense di policromatismi mai veramente allegri.
Apre “Plumage”, una coloratissima esplosione di pingui ottoni e di avorio e corde caracollanti, e chiude la ballad fumosa ma anche tenera e struggente di “One Horse”. In mezzo possiamo trovare il “beat” grasso di “Capsule” che si agita sornione tra tropicalismi strumentali dal piglio sognante, lo psych-rock bizzoso di “Banton”, una “Tantalus” tra il dramma e il gioco, prigioniera di borbottanti spire ritmiche.
“Moms” è un album da gustare a poco a poco, perchè si tratta di una raccolta di brani non immediati, che reclamano molta attenzione per essere capiti e assorbiti.
E’ un gioiello un po’ più opaco di “Mines”, ma possiamo affermare con certezza che si tratta di un’altra valida tappa nel percorso degli statunitensi.
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2. Capsule
3. Pique
4. Baton
5. Heavy Is As Heavy Does
6. Giftshoppe
7. Skintercourse
8. Tantalus
9. Don’t Mess With Latexas
10. One Horse