Chi non ne ha mai avuta una in casa? Regalo dell’ultimo momento per ogni tipo di occasione: battesimi, lauree, inaugurazioni di negozi, vile pretesto per non presentarsi a mani vuote. Le piante grasse non si coltivano, nascono selvagge e tali rimangono, al massimo le si possono isolare in un vaso ma per il resto provvedono da sè al proprio sostentamento. Abituate a vivere in un ambiente ostile , clemente solo con il tipo di fauna più tenace: rettili ed insetti. E proprio come una pianta grassa spuntano nel poco ospitale panorama musicale italiano i Med in Itali, band con alle spalle una gavetta “on the road”, da artisti da strada.
Cinque anni fa, di passaggio per Dublino, potevate beccarli a qualche angolo della città vecchia ad improvvisare. Ora tornano alla madrepatria per il loro debutto.
“Coltivare piante grasse” è un album folk dalle venature jazz e con derive cantautorali, da cui la musica italiana pare proprio non poter prescindere. Molto vicino come suono e produzione al Vinicio Capossela del “Ballo di San Vito” e dei Quintorigo di “Rospo”, ma già con un piede nel pop alla Negramaro grazie alle strutture dei brani che sono accessibili e tali vogliono essere. I Med in Itali sono fondamentalmente un gruppo da camera con buone potenzialità per sfondare la cortina di ferro dell’indie, grazie anche alla voce carismatica di Niccolò Maffei che ricorda un po’ Sangiorgi prima che questo settasse le corde vocali sul falsetto perenne e un po’ Neffa dopo il risveglio dall’hip hop. Molto belli i pezzi come “Perle Umide” e soprattutto “Piante Grasse”, quest’ultima sviluppata su un continuo saliscendi tra felicità e disperazione che entusiasma e intristisce nel giro di qualche secondo.
Nel complesso “Coltivare Piante Grasse” è un buon debutto che intervalla momenti più disimpegnati ed allegri ad altri più seri ed introspettivi. Compendio delle potenzialità dei Med in Itali e ottimo punto di partenza per una carriera si spera tutta in discesa.