L’artigiano irlandese del folk è tornato. Fionn Regan, a distanza di pochi mesi da quel piccolo capolavoro di scrittura e composizione qual è stato “100 Acres Of Sycamore”, torna con un album auto-registrato dal titolo “The Bunkhouse Vol.1: Anchor Black Tattoo”.
Immaginatevi un registratore a quattro piste posizionato proprio difronte al suo letto da una piazza e mezza, la sua inseparabile chitarra acustica, carta, penna, una tazza di te fumante appoggiata sul comodino e lui, il folletto irlandese, seduto sul comodo materasso a comporre con delicatezza e dedizione queste 10 tracce.
Procurarsi “The Bunkhouse Vol.1: Anchor Black Tattoo” è stata una fatica non da poco. Prevista l’uscita inizialmente solo tra i confini irlandesi, i pochi devoti fan di Regan aspettavano con ansia questo nuovo lavoro che puntualmente è arrivato grazie, che siate contrari o meno, alla rete.
“The Bunkhouse Vol.1: Anchor Black Tattoo” si muove sul territorio solcato dal sopracitato “100 Acres Of Sycamore”. Atmosfere minimaliste, rumori legnosi, composizioni scarne, ridotte all’osso e tanta voglia di raccontare e creare mondi che nascono e muoiono in soli 3 minuti. Mondi che si poggiano sulle più classiche delle ballate, strimpellate o arpeggiate, e che vengono raccontati dalla magnifica scrittura, da cantautore d’altri tempi, del folletto irlandese. Storie di viaggi (“Moving to Berlin”, “The Gouldings” e “Clara to Calary”) e di chiacchierate con il mare d’Irlanda (“Mizen To Malin”). Storie tenebrose che rispecchiano i cieli e le atmosfere brumose d’Irlanda.
Fionn Regan rappresenta ciò che di più autentico, al giorno d’oggi, la musica è in grado di offrirci. Arte che si muove e poggia sul presupposto dell’onestà . Arte cristallina. “The Bunkhouse Vol.1” è tutto questo. Quanto basta per meritarsi l’appellativo di Capolavoro.
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