Non ricordo quando è stata l’ultima volta in cui un disco mi è rimasto così impresso dentro come avvenuto con “Quintale”, tanto da cercarlo in ogni momento libero, voler ascoltare anche solo una singola traccia, più e più volte, per scavarla e farmi scavare. D’acchito potrei citare “Neon Golden” dei Notwist, un decennio fa, trovare un disco non cercato che incarni le proprie sensazioni e influenzi gli ascolti a seguire, se poi dovessi farmi pendere la mano dal gioco a ritroso potrei continuare con “In the Aeroplane Over the Sea”, Up” o “In Utero” e comprendere che nei Novanta ero più propenso al cambiamento. Oggi preferisco affidarmi all’inesorabilità , alla pesantezza e alla rabbia, dunque il nuovo lavoro dei Bachi da Pietra mi calza a pennello.
Non sono mai stato fan di Giovanni Succi e Bruno Dorella, lo fossi stato non avrei voluto così fortemente recensire questo disco, ma dopo lo split in combutta con i Massimo Volume e il lavoro del primo con La Morte, sentivo che ne sarebbe valsa la pena. Non sbagliavo. “Quintale” è un lavoro che si muove per paradossi: mescola un suono nervoso e duro a una fruibilità , propria del verbo rock’n’roll, mai toccata da queste parti; una musica possente fatta dalla semplicità della chitarra e della batteria (più qualche sprazzo dell’evocativo sax di Arrington De Dionyso degli Old Time Relijun) e da testi che affrontano tematiche complesse, con ironia, cinismo se vogliamo ma con la precisa intenzione di farsi capire. Un disco che parte dagli archetipi del rock duro (“Haiti”, “Enigma”) e del blues (“Mari Lontani” già un classico), virando sullo stoner (“Coleotteri” ma pure la straordinaria “Sangue”) “cullandosi” anche nella classica ballad ma non aspettatevi smancerie (“dio del suolo”).
Registrato completamente in analogico e su nastro da Giulio Favero a La Sauna di Varano Borghi, il quinto disco dei Bachi restituisce un suono caldo e profondo a quella materia tagliente e dura che è il rock, che troppo spesso in questi anni è stato affrontato con approssimazione dovuta alla supponenza di chi si professa innovatore essendo in realtà semplicemente mediocre. “Quintale” rappresenta la ribellione della musica ai nostri iPod, alle contaminazioni che hanno ormai appestato, è il ritorno alla terra e sulla terra. Non credo troverete niente di più moderno in questo anno che nasce. Vale la pena di spendere la parola classico per un disco in cui tutto va nella giusta direzione, un disco necessario e che rimarrà , sono pronto a scommetterci, come sono pronto a scommettere che farà cosa buona e giusta chi andrà a sentirli dal vivo nel tour che parte a giorni.