Con un omaggio romantico e sincero, anche il cinema italiano ha saputo ringraziare la settima arte con un film unico nel suo genere. Ed unico nel suo genere è anche il regista: Nanni Moretti.
In un tour de force che lo vede impegnato a presentare il suo nuovo lungometraggio in svariati cinema d’Italia, Nanni Moretti non cambia il suo copione: come anche a Milano, il suo obiettivo è quello di far capire meglio il percorso che l’ha portato a realizzare questa commedia nostalgica, ma di grande critica universale, dal titolo “Il Sol Dell’Avvenire”.
Dopo l’uscita di “Tre Piani”, tratto dal libro dell’autore Eshkol Nevo, non potevamo chiedere di meglio: il nuovo prodotto Sacher è tutto ciò che si poteva chiedere al suo grande capo. Una commistione di ironia pungente, malinconia dei tempi passati e una grande fiducia nel futuro.
La sceneggiatura a quattro mani di questa nuova opera è stata sviluppata pre e post pandemia, fermata non solo dai casini che tutti conosciamo ma anche dall’uscita dell’omonimo film tratto dal romanzo israeliano. Per questo ci sono stati ripensamenti, cambi e migliorie che hanno poi portato a quello che possiamo vedere oggi in sala.
Giovanni (Nanni Moretti) è il classico regista italiano d’altri tempi: ancorato alla grande scuola del cinema, fissato con i significati di ogni singolo fotogramma o singola azione, sta cercando di realizzare il suo nuovo film ambientato negli anni ’50 e più precisamente nel 1956. Parla infatti della sezione Gramsci del Partito Comunista Italiano e della sua rivoluzione interna dopo gli episodi brutali che hanno visto l’Ungheria invasa dall’URSS. Ennio (Silvio Orlando), capo sezione, e Vera (Barbara Bobulova) si ritrovano quindi a ripensare a tutto il messaggio socialista imposto dall’Unione Sovietica e a decidere se prendere una posizione contro o a favore di quel terribile momento della nostra storia contemporanea. A produrre questo film c’è Paola (Margherita Buy), moglie di Giovanni, che da oramai tanto tempo frequenta un analista per trovare il coraggio a lasciare il marito troppo serio, troppo ancorato al suo mondo e poco interessato ai problemi della coppia.
Questo metateatro che avevamo già visto in “Habemus Papam” è ora trasportato nel mondo del cinema, facendo fuoriuscire tutte le problematiche che sta vivendo il sistema italiano in questione: la perdita di significato in nome di una visione più limitata e violenta delle immagini; il mainstream, quello trito e ritrito, al posto di un prodotto originale; la mancanza di rispetto di alcuni registi per questo lavoro e la conseguente loro svendita ai grandi mass media dello streaming.
In tutto questo Nanni Moretti cerca di raccontare una storia dentro la storia, con quelli che sono grandi guizzi di critica verso lo star system e verso il nostro modo di vedere il cinema oggi: sembra forse presuntuoso, ma effettivamente il suo modo di porre il problema alla luce fa sì che anche noi, sempliciotti spettatori, possiamo avvicinarci al suo modo di pensiero. Il fatto, sostiene il regista, è che oramai la gente non vada più al cinema e questo porta inesorabilmente alla vittoria dei servizi di streaming. I registi, sempre secondo la sua analisi, durante la pandemia soprattutto, si sono fatti sopraffare dal profitto.
Certo, questo discorso si può fare solo quando non hai persone da pagare alle spalle ma tutto questo viene anche trattato nel lungometraggio e comunque trova una soluzione anche a questo problema. La bravura di Nanni Moretti, che finalmente torna con un prodotto che è lui al cento per cento, sta nel riuscire a scovare ogni problematica relativa al nostro cinema e a risolverla con una semplice battuta, uno sguardo vacuo in camera o una grande analisi.
Finalmente il Moretti che tutti noi abbiamo amato è tornato sulla scena con un film che non si può definire solo bello, ma geniale in tutte le sue parti. Geniale per i riferimenti ad altre pellicole (“Annie Hall” di Woody Allen in una specifica scena che purtroppo non devo svelarvi), geniale per i riferimenti anche ai suoi vecchi film nelle ultime venti sequenze e al messaggio che proprio in questa ventina di ultimi momenti vuole trasmettere: si può fare un cinema bello e che tutti possano apprezzare, bisogna guardare indietro per andare avanti e sopratutto bisogna fare il massimo per salvare il nostro cinema dal baratro.
Nanni Moretti è tornato alla grande: “Il Sol Dell’Avvenire” è un capolavoro di gioiello che rimarrà nella storia della nostra cinematografia per sempre. Ed è giusto così.